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domenica 16 dicembre 2012
NATALE: ADDIO AL CINEPANETTONE, MA LA QUALITA' NON DECOLLA... MANUALE DI SOPRAVVIVENZA PER CINEFILI
Meno dieci giorni a Natale: ovvero, cinematograficamente parlando, i dieci giorni più 'caldi' dell'intera stagione (temperatura a parte). E' in questi dieci giorni che infatti si decidono le sorti commerciali delle grandi major, in quanto in questo brevissimo ma intenso periodo di tempo si portano a casa quasi la metà degli incassi di tutto l'anno. La battaglia perciò è campale: a Natale tutti vanno al cinema, anche chi non lo fa mai per i restanti 364 giorni, e quindi ogni casa di produzione scende in campo con i 'grossi calibri': quei film, cioè, che sono stati pensati, prodotti e girati per un solo unico scopo: portare a casa più soldi possibile.
Non staremo qui a discutere se i cosiddetti 'cinepanettoni' siano più o meno passati moda... onestamente non ce ne frega niente. Il problema è un altro: è evidente che la 'battaglia' natalizia, puntando giocoforza sul grande pubblico, nel nostro strano paese privilegia esclusivamente l'aspetto commerciale rispetto a quello qualitativo. Basti guardare i dati relativi alle uscite di questa settimana: tre soli film si dividono circa l' 80% delle sale del nostro paese: 750 copie per Lo Hobbit, 700 a testa (circa) per Colpi di fulmine e Tutto tutto niente niente. E per chi volesse vedere qualcosa di appena appena meno dozzinale, o quantomeno più 'cinefilo'? Briciole. Appena venti copie per La parte degli angeli, l'ultimo film di Ken Loach, poche più per Love is all you need di Susanne Bier, visto a Venezia.
Questo che significa? Niente di buono, ovviamente... innanzitutto che lo spettatore italiano medio, quello che va al cinema il giorno di Natale, è culturalmente inetto. Sarò brutale, ma i numeri sono lì a dimostrarlo. Secondo, cosa ben più grave (ma conseguente alla prima) che questo 'imbarbarimento' di fondo ha effetti devastanti per tutto il settore cinematografico: è risaputo infatti che il cinema commerciale 'vive' soprattutto nei cinema multisala, quelle enormi megastrutture da 15-20 sale cadauna che sono sorte come funghi nelle immediate periferie delle città e che fagocitano la stragrande maggioranza del pubblico. Mentre, al contrario, lo spettatore-cinefilo, poco attratto da questi rutilanti casermoni, preferisce magari starsene a casa a leggere un libro anzichè farsi anche 50 km per vedere, magari, l'unico film d'essai proiettato nella propria regione...
Insomma, è evidente che la miopia dei distributori italiani fa sì che la situazione peggiori di anno in anno: per accaparrarsi più soldi possibile in questi dieci giorni si rischia di compromettere la cultura cinematografica nel nostro paese. La catena è semplice: i multiplex rubano incassi alle piccole sale di città, che si vedono costrette a chiudere in quanto impossibilitate a fare concorrenza a questi colossi. Però le sale cittadine sono anche quelle che proiettano in maggior parte film di qualità: pertanto, scomparendo, diventa sempre più difficile trovare una distribuzione decente per questi ultimi. Teorema supportato anche dai numeri che, come sempre, rivelano molte soprese a seconda di come si leggono...
E' facile infatti sostenere che in Italia il cinema di qualità è in crisi, e in effetti guardando gli incassi la situazione è incontestabile: film belli e importanti come Bella addormentata, E' stato il figlio, L'intervallo, nonostante il traino della Mostra di Venezia, hanno incassato pochissimo. Così come le ultime opere di Virzì e Soldini, per non parlare di Reality di Matteo Garrone: film bellissimo, premiato a Cannes, eppure ignorato dal pubblico. Esattamente come Pietà di Kim-Ki Duk, l'ultimo Leone d'Oro del Lido, che ha portato a casa nell'intera programmazione la stessa cifra che Lo Hobbit guadagna in mezza giornata di tenitura. Se però, cosa che nessuno dice, facciamo il rapporto tra spettatori paganti e numero di sale in cui il film è programmato... ecco che arrivano le sorprese! E si scopre così che Amour di Michael Haneke, distribuito in sole 32 sale in tutto lo stivale, ha la media.pubblico più alta della stagione! E anche Io e te di Bertolucci e Killer Joe di Friedkin non sono da meno.
Spiegazione? Semplice: che esiste, anche in Italia, un pubblico culturalmente più elevato e più cinefilo che, se gli venisse data la possibilità, andrebbe a vedere anche i film più impegnati. Ma è chiaro che qui da noi si privilegia da sempre la teoria del 'tutto e subito', senza preoccuparsi del futuro.
Ma questo, purtroppo, non vale solo per il cinema...
Buon Natale.
Grazie dell'augurio che ricambio di cuore.
RispondiEliminaQUANTO ALLA CECITA' DEI NOSTRI DISTRIBUTORI c'è poco da aggiungere a quanto detto; meno male che qualcuno si sforza di difendere il cinema di qualità: un applauso a SACHERFILM lo vogliamo fare? ha avuto il coraggio di distribuire CESARE DEVE MORIRE (che poi magari piace ai giurati dell'Academy e allora magari si rientra delle spese...)
i dati del weekend hanno premiato l'hobbitesco JACKSON (e castigato De Sica Christian): era più che prevedibile (e mo me tocca de recensirlo)
Si, un applauso alla Sacher è doveroso farlo, così come a Lucky Red. Il problema è che dietro di loro non c'è davvero più nessuno... e sarà sempre più difficile fare film di qualità nel nostro paese. Dopo medici, scienziati e ricercatori avremo (purtroppo) anche la fuga dei registi. Non manca molto :-(
Eliminabel blog....vieni su nonsoloci.blogspot.it...e ti aggiungo nei preferiti
RispondiEliminaCi ho fatto un salto... ti seguirò! :-)
EliminaCiao! In quanto candidato al premio miglior blog di cinema, ti invito a votare sul mio blog!
RispondiEliminaGrazie Antonella, una bella sorpresa :-) corro!!
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