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lunedì 18 agosto 2025

SCOMODE VERITA'


titolo originale: HARD TRUTHS (GB, 2024)
regia: MIKE LEIGH
sceneggiatura: MIKE LEIGH
cast: MARIANNE-JEAN BAPTISTE, DAVID WEBBER, TUWAINE BARRETT, MICHELE AUSTIN, ANI NELSON, SOPHIA BROWN
durata: 97 minuti
giudizio: 



Pansy è una casalinga repressa e insoddisfatta, ormai in conflitto perenne con suo marito Curtley, uomo pavido e dimesso, e suo figlio Moses, problematico e taciturno. Sarà la sorella di Pansy, Chantelle, più giovane e solare, a tentare di ricucire i rapporti, non senza difficoltà...




La stagione cinematografica 2024/25 si è ormai conclusa ma, seppur fuori tempo massimo, non potevo non dedicare un pezzo all'ultimo film di Mike Leigh, passato purtroppo quasi inosservato nelle sale italiane e decisamente mal distribuito: per vederlo ho dovuto aspettare più di due mesi recuperandolo in un'arena estiva, consapevole che ne sarebbe valsa la pena. Come tutti i film di Mike Leigh, del resto.

Erano ben quindici anni (da Another year, 2010) che Leigh non tornava a dirigere un film contemporaneo, dopo le due incursioni nel cinema in costume con Turner e Peterloo. Ma il regista britannico non si è dimostrato affatto arrugginito nel tornare a mettere in scena gli argomenti a lui da sempre più congeniali, ovvero i rapporti famigliari, le difficoltà di comunicazione, i drammi interiori delle persone spesso inavvertiti dall'esterno, sia da chi vi si relaziona con superficialità ma anche da parte dei congiunti, spesso poco inclini a leggere nel cuore delle persone anche più vicine...

Scomode Verità (titolo italiano molto "addolcito" rispetto alla versione originale, Hard Truths) racconta la quotidianità piuttosto grama di Pansy, casalinga dal cuore indurito dalla vita, apparentemente cinica, ossessionata dalle pulizie e con il terrore degli animali, nonchè intrattabile di carattere e con evidenti problemi di relazione: oltre infatti a non considerare gli altri due membri della sua famiglia, lo sciatto marito Curtley e il figlio ventenne Moses, bambinone enorme e rinchiuso nel suo silenzio, è piuttosto incline al litigio e al "maltrattamento" verbale verso chiunque gli graviti attorno, che siano il proprio dottore, un automobilista incontrato per caso in un parcheggio o un'umile cassiera del supermercato. 

Pansy
è l'esatto contrario di sua sorella minore, Chantelle (Michele Austin), madre single con due figlie già grandi: tanto Pansy è intollerante, irascibile, nevrotica, quanto Chantelle è invece sorridente e solare, aperta al dialogo, desiderosa di ricucire a qualsiasi costo i rapporti con sua sorella. Chantelle vuole bene a Pansy seppure da quest'ultima non riceva mai un briciolo di riconoscenza: lo spettatore all'inizio non conosce le ragioni (valide) della misantropia di Pansy, che verranno fuori nel corso del film, ma capisce subito che tra le due donne c'è un affetto reciproco, ancestrale, indissolubile, fatto di tanta sofferenza e legami di sangue. Pansy non nutre alcuna stima nei confronti del marito e del figlio, logiche conseguenze di un matrimonio infelice, ma si rende conto (a modo suo) che Chantelle è l'unica spalla su cui poggiare il capo, l'unica persona che le vuole bene davvero, nonostante tutto.


Succede infatti che il muro di introversione apparentemente inscalfibile di Pansy (una straordinaria Marianne-Jean Baptiste, che torna a lavorare con Leigh trent'anni dopo lo splendido Segreti e Bugie, Palma d'Oro a Cannes) crolla come un castello di carte quando le due sorelle, su spinta di Chantelle, vanno al cimitero per portare un saluto sulla tomba della loro mamma, in quello che sarebbe stato il giorno del suo compleanno. La ricorrenza scatena però una tempesta emotiva tremenda nella mente di Pansy, facendole riemergere ricordi dimenticati d'infanzia, vecchi rancori mai sopiti, rimpianti e sogni spezzati, che fanno precipitare la donna in un mutismo assordante, causandole un corto circuito mentale che esploderà durante il pranzo a casa della sorella, in una scena emotivamente sconvolgente per durezza e tensione, cesellata magistralmente dall'ottantaduenne Leigh, che si conferma un maestro nel portare sul grande schermo drammi famigliari (e universali) di questo tipo.

Scomode verità
ci accompagna passo passo nel seguire lo smarrimento e il dramma interiore di Pansy, e lo fa con uno sguardo sempre rispettoso, neutrale, mai giudicante, preciso, talvolta perfino ironico come da perfetta tradizione inglese. Un racconto che sa essere duro ma anche indulgente nei confronti di una persona ferita dalla vita che ad un certo punto non riesce più a nascondere la propria disperata fragilità, ricordandoci, semmai ce ne fosse bisogno, che nessuno si salva da solo. E che ogni essere umano, per quanto "respingente" nei confronti di chiunque altro, non potrà mai sfuggire alla propria natura di animale sociale.

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