Visualizzazione post con etichetta berlino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta berlino. Mostra tutti i post

domenica 27 settembre 2015

TAXI TEHERAN


(Taxis)
di Jafar Panahi (Iran, 2015)
con Jafar Panahi
durata: 82 minuti


Credo che lo sappiate tutti ma è sempre bene ripeterlo: Jafar Panahi, il più famoso regista iraniano, da ormai cinque anni non può uscire dal proprio paese né girare e produrre film, reo di essere considerato oppositore del regime islamico e perciò condannato al silenzio. Ne consegue che il suo ultimo film, Taxi Teheran, premiato con l'Orso d'oro all'ultimo Festival di Berlino, è stato girato in clandestinità e con mezzi di fortuna, coinvolgendo persone fidate e sfruttando per quanto possibile la complicità di conoscenze internazionali che ne hanno permesso l'uscita.

mercoledì 26 settembre 2012

LA SCELTA GIUSTA

E' ufficiale: Cesare deve morire, il film di Paolo e Vittorio Taviani, vincitore dell'Orso d'oro a Berlino e di cinque David di Donatello, sarà il candidato italiano per l'Oscar 2012. La scelta non era facile, vista (per fortuna!) l'ultima felicissima stagione del nostro cinema, che annoverava concorrenti numerosi e di tutto rispetto: i Taviani l'hanno infatti spuntata, tra gli altri, su Reality di Garrone, Bella addormentata di Bellocchio, Diaz di Daniele Vicari. C'era davvero l'imbarazzo della scelta.

Scelta sofferta, dunque, ma a mio avviso ottima. Almeno sulla carta. Perchè Cesare deve morire è un film che ha tutte le carte in regola per piacere all'estero: perchè racconta una storia universale e quindi fruibile a tutti, perchè unisce cinema popolare e alta letteratura, perchè è un film emozionante, autoriale, elegante, raffinato ma non snob. Perchè è diretto da due autori già conosciuti al mondo e già molto premiati in passato. Perchè, soprattutto, ha già conquistato un palmarès internazionale e questo ha innegabilmente un peso.

Con questo non voglio dire che gli altri candidati non fossero meritevoli. Però Cesare deve morire era, a mio modestissimo parere, il film più adatto per competere per la statuetta. Era il nostro titolo più 'internazionale', il più vendibile, e la commissione ci ha visto giusto. Una volta tanto. Certo, a me sarebbe piaciuto vedere in gara Bella addormentata (il titolo italiano più bello dell'anno, almeno finora) ma abbiamo visto a Venezia che tratta un tema difficilmente 'esportabile'. Esattamente come Diaz, vicenda tristissima e sciaguratamente troppo 'italiana' per far breccia oltreoceano. Mentre Reality sconta probabilmente il fatto di non essere ancora uscito e di non aver acuto un riscontro di pubblico e gradimento

Auguri quindi ai Taviani. Come loro stessi hanno commentato, la strada sarà lunga e difficile. E sicuramente già in salita ancor prima di cominciare: il favorito d'obbligo, infatti, già esiste ed ha un nome e un cognome ben preciso, nella persona di Michael Haneke e del suo Amour, trionfatore a Cannes e in procinto di arrivare nelle nostre sale. Sarà difficile strappargli il premio, ma non è la prima volta che agli Oscar si entra papa e si esce cardinale... auguri, dunque, ai due 'toscanacci' ottuagenari che stanno rivivendo una stagione di grande spolvero: siamo con voi! 

sabato 24 marzo 2012

CESARE DEVE MORIRE

(id.)
di Paolo e Vittorio Taviani (Italia, 2012)
con attori non professionisti
VOTO: ****

Proviamo a farci una domanda e a rispondere onestamente: se non sapessimo che questo film NON è una vera fiction, e che gli attori sono invece detenuti VERI (sezione 'fine pena mai' del carcere di Rebibbia) sarebbe riuscito lo stesso a toccarci corde profonde del nostro animo?

La risposta, altrettanto onesta e ponderata, è sì, certo! Cesare deve morire è un film potente ed evocativo, coinvolgente, straordinariamente accurato dal punto di vista stilistico ed estetico. Il fatto che sia 'interpretato' da carcerati e girato integralmente dentro una prigione può senz'altro condizionarci emotivamente (e può farci vincere un Orso d'Oro dopo oltre vent'anni), ma nulla toglie al valore artistico di quest'opera, di assoluto rilievo.

La trama la conoscete tutti: un gruppo di detenuti rinchiusi in un carcere di massima sicurezza si appresta, volontariamente, a dare vita al Giulio Cesare di Shakespeare: ci rimetteranno tante ore d'aria e innumerevoli sguardi compassionevoli da parte della stessa polizia penitenziaria, ma alla fine su quel palcoscenico ci saliranno davvero. E tutto questo per merito di due 'toscanacci' burberi e poco socievoli che hanno trovato il coraggio (a 80 anni suonati...) di allontanare la loro dorata pensione e tornare dietro la macchina da presa. Con un grande e meritato successo (ovunque tranne che in Italia, però, dove il film è uscito in appena quaranta sale, e solo grazie alla benemerita Sacher di Nanni Moretti - vedi post sotto).

L'idea di alternare sequenze a colori (quelle relative alla rappresentazione) e in bianco e nero (quelle relative ai provini) è efficace e diretta, in quanto lo spettatore riesce subito a separare le parti 'pubbliche' dalle riflessioni intime dei detenuti, in un lavoro che sorprende per rigore e sobrietà: i Taviani infatti non speculano mai sulla particolarissima 'condizione' dei loro particolarissimi attori, ma si limitano a filmare il tutto con taglio documentaristico e  assolutamente non compassionevole, mettendo a risalto, ancora una volta, come sia 'l'arte' stessa a cambiare le persone e non viceversa.

Qui sta infatti la differenza tra questo film e altre pellicole similari per argomento: diversamente, ad esempio, dal Tutta colpa di Giuda di Davide Ferrario (dove era il testo letterario - in quel caso la Passione di Cristo - ad essere 'adattato' e rimodellato alle circostanze), in Cesare deve morire è l'opera stessa che viene rappresentata filologicamente sul palcoscenico, finendo per modificare le vite e le coscienze degli interpreti e finendo anche, questo sì, per toccare il cuore di noi spettatori nel vedere persone che, in alcuni casi, non vedranno mai la fine della loro prigionia, recitare un poema che parla di libertà. E non poteva esserci migliore conclusione della frase sussurrata da uno dei protagonisti, appena rientrato in cella dopo la rappresentazione: 'Da quando ho scoperto l'arte, questa cella è diventata una prigione'.

sabato 18 febbraio 2012

DUE FRATELLI


Confesso che quando ho sentito la notizia (due ore fa, al telegiornale) mi sono sentito felice come un bambino. E ho sorriso di gioia per Paolo e Vittorio Taviani, 164 anni in due, cineasti di lungo corso che, a dispetto di chi li riteneva da ospizio, hanno trionfato alla Berlinale. Dopo oltre vent'anni di astinenza dall'ultima vittoria italiana e a quasi trenta dall'ultimo loro premio importante, il David di Donatello ricevuto per La notte di San Lorenzo (1983).

'Cesare deve morire'
Toscani burberi e orgoglosi come il sottoscritto (concedetemelo), i Taviani hanno scritto pagine importanti del nostro cinema: da Padre padrone (Palma d'oro a Cannes nel 1977), a San Michele aveva un gallo, al già citato La notte di San Lorenzo, a La masseria delle allodole. Film importanti, difficili, girati quasi sempre in economia e quasi mai attenti all'aspetto commerciale. Forse anche per questo la critica li ha spesso invisi, se non maltrattati a volte in maniera quasi ignobile, specialmente negli ultimi anni, insinuandone la senilità e la loro presunta incapacità di adattarsi al cinema 'moderno'.

E invece il loro ultimo film, Cesare deve morire, ha messo tutti d'accordo a Berlino, riscuotendo una commossa standing-ovation e un applauso durato dieci minuti... film girato tutto negli interni del carcere di Rebibbia, con protagonisti i detenuti stessi che cercano di allestire una riduzione teatrale del Giulio Cesare di Shakhespeare. Di più non sappiamo, il film non lo abbiamo visto e ci auguriamo che esca presto nelle sale. Ma tantlo basta per togliermi il cappello di fronte a questi due 'toscanacci' duri e puri che esportano nel mondo l'Italia migliore.

'Cesare deve morire'
Vi lascio con un pezzettino di un film che ho visto durante la mia infanzia, e che ho amato profondamente. Si chiama Good Morning Babilonia, e forse non sarà il film più bello dei Taviani, ma è un film che omaggia amorevolmente la mia terra, ed è stato girato con dedizione ed orgoglio. Non lo rivedo da tanto tempo, ma penso che stavolta, davvero, è venuto il momento di rispolverare il dvd...




 

domenica 21 febbraio 2010

BERLINALE 2010


Stretto nel rigido inverno berlinese, a pochi giorni di distanza dagli Oscar, il Festival di Berlino è sempre stato un festival "ibrido", in cerca d'identità, senza mai aver capito bene la sua strada... una volta gli americani facevano a gara per andarci, proprio perchè era una ghiotta anticamera prima della cerimonia degli "Academy Awards", e agli organizzatori non pareva vero proprio perchè l'"odore" delle preziose statuette era un veicolo promozionale assolutamente piovuto dal cielo. Poi però c'è stato l'11 settembre, gli americani hanno cominciato a volare malvolentieri nel Vecchio Continente, e così la Berlinale ha dovuto ancora cambiare pelle, rinnovarsi, esplorare confini ignoti per una rassegna che non ha mai brillato per inventiva e creatività (un po' come la nazionale di calcio tedesca). Quest'anno comunque, con Werner Herzog presidente di giuria, si vede che il vento è cambiato: premi sorprendenti, come il film turco Honey (miele), vincitore dell'Orso d'oro o come il romeno If I Want To Whistle, I Whistle , insignito del premio della giuria. Orso d'Argento invece (e chissà se è una provocazione...) a Roman Polanski, attualmente detenuto ai domiciliari in Svizzera e quindi impossibilitato a ricevere il premio.

Non mi dilungo oltre perchè i film non sono ancora usciti da noi e avremo modo di riparlarne al momento che arriveranno. E anche perchè il sottoscritto, ahimè :-) nonostante una lunga militanza ai festival di Locarno e Berlino (con qualche puntatina a Cannes, ma sempre di fuori...) non ha mai calcato il suolo berlinese. Ma se tra voi c'è qualcuno che nei prossimi anni ha voglia di andarci... parliamone!! :-)

Scherzi a parte, ecco il link con tutti i vincitori: