giovedì 1 maggio 2025

OGGI E' LA FESTA DEI LAVORATORI: 7 FILM ITALIANI (E PERFINO RECENTI) PER UN PRIMO MAGGIO CONSAPEVOLE



Non solo una grande Festa popolare, ma anche una giornata di ricordo, riflessione e consapevolezza: di film sul mondo del lavoro se ne sono fatti tanti (fin dall'iconico Tempi Moderni di Chaplin) ma non ultimamente, e soprattutto non nel nostro paese... purtroppo il tema non è più centrale nel cinema italiano, come se i lavoratori e i loro diritti fossero personaggi ormai invisibili, desueti, quasi scomodi. Qualche eccezione però c'è stata, anche di recente, e mi pare giusto ritirarle fuori oggi, tra tutti i film che ho recensito, per un Primo Maggio più consapevole.

(cliccate sul titolo per leggere la recensione completa) 



L'esordio da regista di Neri Marcorè è un film che rispecchia totalmente la personalità del suo autore: un'opera prima delicata, godibile, mai volgare, mai pretenziosa, apprezzabile nella sua essenzialità e nella bella ricostruzione di una Milano umida e fumosa proprio come negli anni del "boom", quando c'era lavoro per tutti e neanche lo dovevi cercare: la fabbrichetta, il padre-padrone, l'azienda (la ditta) come una famiglia, la strenna natalizia, il posto fisso... retaggi olmiani (come non pensare a Il Posto del grande Ermanno) per una società che, purtroppo, non esiste più.




Non solo un racconto intimo di dolore e resilienza, ma anche un importante film politico che restituisce dignità e rappresentanza al lavoro umile, quello spesso "invisibile" agli occhi dei potenti, sottovalutato e sottopagato eppure indispensabile per garantire l'agiatezza delle classi più abbienti. Un'altra opera prima, questa volta di Luca Zingaretti, che si rivela un sorprendente dramma umano seppur all'interno di una struttura semplice, che alterna garbo, ironia e commozione raccontando una storia (forse) comune, ma che sa restituirci fiducia nel prossimo.




Fino a che punto si è disposti ad arrivare per difendere il proprio lavoro? Che succede quando i diritti dei lavoratori vengono messi in discussione? E qual è il confine tra compromesso e dignità? Michele Placido gira un film di chiaro stampo teatrale (tutto ambientato dentro una fabbrica) che ha il merito di farci riflettere e discutere, oltre che (finalmente!) parlare di lavoro e lotta di classe, argomenti che ormai si vedono passare sempre meno sui nostri schermi, grandi o piccoli che siano. Placido non sarà Ken Loach, ma il suo film regge benissimo la tensione e ha il merito di schierare un cast tutto femminile assolutamente all'altezza (con menzione speciale per Fiorella Mannoia e Ambra Angiolini, bravissime e credibili)




Ancora un'opera prima: durissima, ansiogena, coraggiosa, che rispolvera il cinema d'impegno civile degli anni '70 (quello di Elio Petri e Francesco Rosi, per capirci) per raccontare senza fronzoli il primo caso di mobbing nel nostro Paese. Il neo regista Michele Riondino lo fa però con una messinscena modernissima, che ricorre a suggestioni horror e a una partitura musicale (di Theo Teardo) di agghiacciante efficacia. Una discesa agli inferi che indigna e coinvolge, esattamente come dovrebbe. 




Antonio (Albanese) è un ex operaio in pensione che deve pagare il matrimonio della figlia, ma al momento di andare in banca a ritirare i soldi scoprirà che tutti i suoi risparmi di una vita sono andati in fumo a causa di investimenti sbagliati praticati dalla banca in cui riponeva assoluta fiducia. La storia, in parte personale, di un uomo perbene fagocitato dalle spietate logiche di mercato: Albanese la racconta in maniera semplice ma non retorica, girando un film onesto e sentito, assolutamente non populista e qualunquista, che è anche il grido di rabbia di tutte le persone oneste che per decenni hanno tirato la carretta (della nostra Italia) e che ora si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Non siamo nel Mezzogiorno, ma nell'insospettabile e opulento Nord. 




Eli ha quattro figli e un marito disoccupato. Ogni mattina si alza prima dell'alba per raggiungere il bar dove lavora: due ore per coprire cinquanta chilometri e tanti rospi da ingoiare... Vale invece fa la ballerina e sogna un posto al sole, oltre che badare ai figli di Eli. Due donne, due facce della stessa medaglia, quella di un'Italia precaria e senza cuore, dove non c'è posto per la tenerezza. Daniele Vicari ci racconta una brutta storia di sfruttamento, padronato e lavoro sommerso, di quelle che non riempiono le pagine dei giornali e che vive di ordinaria insicurezza. Grandissimo film, che vale sempre la pena rivedere o riscoprire.




Il film forse "definitivo" sul precariato, spietato, esilarante, cattivissimo. Spietato soprattutto verso un Paese che respinge la cultura e la meritocrazia, ma anche perfetto nel rappresentare la frustrazione di una generazione (quella dei trentenni laureati e sotto-occupati perchè... incredibile a dirsi, troppo qualificati!) disposta a passare sopra anche ai valori etici pur di raggiungere l'agognato "posto fisso". A suo modo, un cult (come gli altri tre seguiti, del resto: io li considero un'opera unica). 



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