
titolo originale: THE PHOENICIAN SCHEME (USA, 2025)
regia: WES ANDERSON
sceneggiatura: WES ANDERSON, ROMAN COPPOLA
cast: BENICIO DEL TORO, MIA THREAPLETON, MICHAEL CERA, TOM HANKS, SCARLETT JOHANSSON, RIZ AHMED, BRYAN CRANSTON, BILL MURRAY, BENEDICT CUMBERBATCH, CHARLOTTE GAINSBOURG, WILLEM DAFOE, MATHIEU AMALRIC, F. MURRAY ABRAHAM
durata: 105 minuti
giudizio: ★☆☆☆☆
Basta guardare i primi due minuti de La Trama Fenicia per capire che si tratta - attenzione - non di un nuovo film di Wes Anderson (sarebbe perfino ovvio), ma dell'ennesimo, "solito" film di Wes Anderson, uno di quelli cui (purtroppo) il cineasta texano ma parigino d'adozione ci ha ormai abituato negli ultimi anni, diciamo da The French Dispatch a oggi: ovvero, ancora una volta, un film di notevole formalismo estetico ma che alla prova dei fatti non riesce mai a coinvolgere lo spettatore e non smuovergli emotivamente alcunchè. Detto in tre parole: una noia mortale.
Siamo sempre lì: l'estetica ricercata, la raffinatezza dei dettagli, l'arredamento amabilmente vintage, i colori pastello, i costumi impeccabili (disegnati dalla quattro volte Oscar Milena Canonero), il consueto cast stellare fatto di tanti attori che recitano in piccoli ruoli, il tono nonsense del racconto... la sensazione che si prova è quella di trovarsi di fronte sempre allo stesso film, come in un loop che dura ormai da diversi, troppi anni e che ormai ha stancato, credo, anche gli appassionati più irriducibili. Il grosso problema de La Trama Fenicia è che più il film scorre più ti fa venire voglia di pensare ad altro, fino a disinteressarti completamente di una storia astrusa che sembra messa in piedi solo per sfoggiare l'ennesima opera dalla confezione impeccabile ma irrimediabilmente senz'anima, senza trasporto, senza il minimo motivo per tenere gli occhi sullo schermo.
Eppure, giuro, ci ho anche provato a concentrarmi sul significato del film: qualcuno ha voluto vederci un film politico, con perfino ovvi rimandi ai famigerati "dazi" trupiani... per me il cinema politico significa ben altra cosa e ben altro impegno, ma tant'è. A livello più personale, c'è un padre più volte miracolato dalla vita (Benicio Del Toro) che scopriamo essere stato a lungo assente verso la figlia (Mia Threapleton) e che cerca, naturalmente troppo tardi, di ricucire il rapporto, nominandola unica erede del suo enorme patrimonio. Peccato che la figlia, che nel frattempo si è fatta suora e fuma la pipa, altrettanto naturalmente non ne sia affatto convinta e resti fredda anche di fronte alle avances del tutore nerd esperto di insetti (Michael Cera) che li accompagna passo passo... se l'idea, anche fin dal titolo, era quella di tramettere un messaggio di ripartenza e redenzione (il padre che vorrebbe rinascere dalle proprie ceneri per dedicarsi di più alla famiglia), diciamo che ci si sarebbe potuti arrivare in maniera meno barocca: nei 105 minuti di lunghezza (che paiono eterni) emergono solo sbadigli, sofismi, arzigogolate seghe mentali che ormai non incantano più non solo quelli che, come me, di film ne hanno visti forse fin troppi e che magari non pretendono di essere sorpresi nè lasciare le palle sulla poltrona (cit. Verdone, scusate il francesismo), ma nemmeno quelli che riescono ancora a mantenere uno sguardo disincantato...
sceneggiatura: WES ANDERSON, ROMAN COPPOLA
cast: BENICIO DEL TORO, MIA THREAPLETON, MICHAEL CERA, TOM HANKS, SCARLETT JOHANSSON, RIZ AHMED, BRYAN CRANSTON, BILL MURRAY, BENEDICT CUMBERBATCH, CHARLOTTE GAINSBOURG, WILLEM DAFOE, MATHIEU AMALRIC, F. MURRAY ABRAHAM
durata: 105 minuti
giudizio: ★☆☆☆☆
Il ricco magnate Zsa Zsa Korda, sopravvissuto per la sesta volta nella sua vita a un incidente aereo, cerca di ristabilire i rapporti con la figlia Liesl (nel frattempo fattasi suora) che non vede da tantissimo tempo...
Siamo sempre lì: l'estetica ricercata, la raffinatezza dei dettagli, l'arredamento amabilmente vintage, i colori pastello, i costumi impeccabili (disegnati dalla quattro volte Oscar Milena Canonero), il consueto cast stellare fatto di tanti attori che recitano in piccoli ruoli, il tono nonsense del racconto... la sensazione che si prova è quella di trovarsi di fronte sempre allo stesso film, come in un loop che dura ormai da diversi, troppi anni e che ormai ha stancato, credo, anche gli appassionati più irriducibili. Il grosso problema de La Trama Fenicia è che più il film scorre più ti fa venire voglia di pensare ad altro, fino a disinteressarti completamente di una storia astrusa che sembra messa in piedi solo per sfoggiare l'ennesima opera dalla confezione impeccabile ma irrimediabilmente senz'anima, senza trasporto, senza il minimo motivo per tenere gli occhi sullo schermo.
Eppure, giuro, ci ho anche provato a concentrarmi sul significato del film: qualcuno ha voluto vederci un film politico, con perfino ovvi rimandi ai famigerati "dazi" trupiani... per me il cinema politico significa ben altra cosa e ben altro impegno, ma tant'è. A livello più personale, c'è un padre più volte miracolato dalla vita (Benicio Del Toro) che scopriamo essere stato a lungo assente verso la figlia (Mia Threapleton) e che cerca, naturalmente troppo tardi, di ricucire il rapporto, nominandola unica erede del suo enorme patrimonio. Peccato che la figlia, che nel frattempo si è fatta suora e fuma la pipa, altrettanto naturalmente non ne sia affatto convinta e resti fredda anche di fronte alle avances del tutore nerd esperto di insetti (Michael Cera) che li accompagna passo passo... se l'idea, anche fin dal titolo, era quella di tramettere un messaggio di ripartenza e redenzione (il padre che vorrebbe rinascere dalle proprie ceneri per dedicarsi di più alla famiglia), diciamo che ci si sarebbe potuti arrivare in maniera meno barocca: nei 105 minuti di lunghezza (che paiono eterni) emergono solo sbadigli, sofismi, arzigogolate seghe mentali che ormai non incantano più non solo quelli che, come me, di film ne hanno visti forse fin troppi e che magari non pretendono di essere sorpresi nè lasciare le palle sulla poltrona (cit. Verdone, scusate il francesismo), ma nemmeno quelli che riescono ancora a mantenere uno sguardo disincantato...
Perchè il cinema di Wes Anderson ormai è questo: la costante, pedissequa, sistematica ripetizione di uno stile sempre riconoscibilissimo ma che da anni si è involuto, autoprosciugato di qualsiasi sentimento, e che costringe a campare di rendita un regista che non mette più dentro un'idea originale che sia una. Avevamo apprezzato I Tenenbaum per i suoi personaggi così "diversi", emarginati, che cercavano faticosamente un posto nel mondo. Ci era piaciuto tanto Il treno per il Darjeeling perchè metteva in scena l'importanza dei legami di sangue. Avevamo adorato la tenerezza e la delicatezza di Moonrise Kingdom nonchè le pieghe della storia raccontate mirabilmente in Grand Budapest Hotel. Ma ora basta, perchè non si può ogni volta che esce un nuovo film di Anderson scrivere sempre le stesse cose, gli stessi concetti ormai intercambiabili per qualunque altra sua opera, frasi fatte del tipo "notevole a livello di estetica". Perchè nel cinema l'estetica dovrebbe andare a supporto della storia e non viceversa. Altrimenti non è cinema. E' un'altra cosa, magari bellissima, ma sempre un'altra cosa.
Al solito, non sono d'accordo! Su The French Dispatch e Asteroid City potevo anche capirti, ma qui no! Questo film ha una trama, una storia, un messaggio molto chiaro e definito, non l'ho trovata affatto astrusa. Magari meno coinvolgente dal punto di vsita emotivo ma non credo fosse questo lo scopo del film. E' un film MOLTO politico secondo me, e molto attinente purtroppo al momento attuale!
RispondiEliminaTroppo severa questa recensione, Anderson non sarà più l'artista stralunato di un tempo, com'è anche fisiologico, ma dare una stellina a questo film è cattiveria pura! Avercene di film così accurati e visivamente bellissimi come questo. A me non è nemmeno pesato, in fin dei conti la storia non mi pare così complicata da seguire
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