Non ci sarà Terrence Malick, e nemmeno Pupi Avati e Sandro Bondi. Del primo ci dispiace molto, ma conoscendo i suoi tempi biblici di lavorazione non è una sorpresa. Del secondo ce ne faremo una ragione, e del terzo... chissenefrega!
Per il resto, però, la 67. Mostra del Cinema di Venezia si presenta appetitosa come non mai. Certo, spesso l'antipasto è ingannatore e rischia di rovinare il resto della cena (e quindi è bene non aspettarsi troppo) ma, insomma, se il buongiorno si vede dal mattino quest'anno al Lido avremo un menù coi fiocchi. E' l'applicazione di quella legge non-scritta ma sempre valida il cui assioma recita che... se Cannes piange, Venezia sorride (e viceversa). Ergo: quest'anno sulla Croisette di grandi film non se ne sono visti, e questo fa ben sperare in vista dell'appuntamento in laguna.
Grandi speranze e grandi attese dunque per la settima Mostra targata Marco Muller, a cominciare dal Presidente di Giuria che sarà nientemeno che Quentin Tarantino. Gran mossa, questa di Muller: con un personaggio come lui non sarà di sicuro un'edizione "normale", e potete star certi che il vulcanico cineasta di Knoxville non mancherà di farsi notare, in una maniera o nell'altra. Ma, Tarantino a parte, il sale della kermesse sono naturalmente i film. E allora vediamo, sezione per sezione, che cosa potremo aspettarci di buono da Venezia 67 :
CONCORSO
Un nome su tutti balza agli occhi del sottoscritto: Sofia Coppola. E' vero, sono di parte: da sempre nutro una stima e un'ammirazione incondizionata per questa giovane regista autrice di un cinema "meraviglioso", nel senso letterale della parola: i suoi film sono opere che "meravigliano" lo spettatore, lo portano a sognare, riflettere, lo sorprendono con una grazia e un'eleganza tipicamente femminili. Dopo la straordinaria biografia-pop di "Marie-Antoinette", la Coppola arriva al Lido con "Somewhere" , interpretato da Benicio Del Toro e Michelle Monaghan. E alla Coppola si aggiungeranno altre tre pellicole a stelle e strisce: "Black Swan" di Darren Aronofsky (vincitore nel 2008) con Natalie Portman, "Promises written in water" di Vincent Gallo e "Road to Nowhere" del veterano Monte Hellman (77 anni) già produttore di Tarantino (e qui le malelingue già si sprecano).
Alla cinematografia d'oltreoceano si contrappone, naturalmente, quella orientale: e anche qui ce n'è per tutti i gusti: da Miike Takashi ("13 assassins") a Tsui Hark ("Detective Dee..."), passando per il vietnamita Tran Ahn-Hung, vincitore tanti anni fa con "Cyclo", che porta sullo schermo la riduzione cinematografica di un libro straordinario: "Norwegian Wood" di Murakami Haruki. L'impresa è di quelle da far tremare i polsi (il libro è, apparentemente, difficilissimo da tradurre in immagini), ma se centrata potrebbe diventare l'Evento della Mostra. Vedremo.
Ci aspettiamo buone prove, poi, da registi relativamente giovani ma agguerriti, e già affermati: il tedesco Tom Tykwer ("Drei"), il francese François Ozon ("Potiche"), lo spagnolo Alex De La Iglesia ("Balada triste de Trompeta") e quello che è forse, a scatola rigorosamente chiusa, il vero favorito al Leone d'Oro: l'antipaticissimo ma innegabilmente talentuoso Abdellatif Kechiche, che torna a Venezia a quattro anni di distanza da "Cous Cous", stavolta con l'ambizioso "Venus Noire". E poi, ovviamente, le immancabili sorprese...
FUORI CONCORSO
Qui c'è davvero l'imbarazzo della scelta: ci vorrebbero dieci pagine di questo blog per elencare tutti i film che passeranno fuori concorso nei dieci giorni di festival. Per non fare torto a nessuno, elenco solo i nomi dei registi, in rigoroso ordine alfabetico. Giudicate voi: Ben Affleck, Casey Affleck, Bellocchio, Placido, Rodriguez, Salvatore, Scorsese, Taymor, Tornatore, Turturro, John Woo, Zhang Yuan... troppa grazia davvero!
ORIZZONTI
Molti documentari quest'anno, in quella che è da sempre la sezione più sperimentale e proiettata verso il futuro della rassegna veneziana: il più toccante per noi italiani sarà senz'altro "Un anno dopo" di Carlo Liberatore, Matteo DiBernardino, Antonio Iacobone, Stefano Ianni e Marco Castellani, sul dopo-terremoto de L'Aquila. Ma ci saranno anche la poliedrica (e spesso polemica) Catherine Breillat ("La belle endormie"), Paul Morrissey ("News from nowhere"), Patrick Keiller (Robinson in ruins"), Pasquale Scimeca ("I Malavoglia")...
GLI ITALIANI
E dulcis in fundo, eccoci alla nostra pattuglia! Che, come da tradizione, sbarca in forze in laguna. Ben quattro i film italiani in concorso, molto diversi e ben assortiti, e frutto di scelte (almeno speriamo) mirate e coraggiose, con buona pace di Pupi Avati. Il titolo di punta, sul quale (forse) si fondano le maggiori speranze per il Leone è senz'altro "Noi credevamo" di Mario Martone, magniloquente e corposo affresco storico (tre ore e mezza di durata!) sul Risorgimento, con un cast che racchiude il meglio delle potenzialità attoriali del nostro Paese: Toni Servillo, Luigi Lo Cascio, Anna Bonaiuto, Luca Zingaretti, Francesca Inaudi. Ci aspettiamo molto, inutile nasconderlo.
Desta attenzione e curiosità anche "La solitudine dei numeri primi" di Saverio Costanzo, tratto da un best-seller di successo del giovane scrittore Paolo Giordano. Soggetto molto cinefilo, tematiche universali (la solitudine, la diversità, la ricerca di se stessi), una coppia di giovani bravi attori (Alba Rohrwacher e Luca Marinelli). Gli ingredienti sono buoni, staremo a vedere. Così come ci ispira "La Passione" di Carlo Mazzacurati, regista umile, schivo e mai troppo apprezzato da noi, ma capace di realizzare sempre film interessanti e ricchi di spunti ("Il toro", "La lingua del santo", "La giusta distanza"). Si presenta al Lido con "La passione", con Silvio Orlando e Cristiana Capotondi.
Un discorso a parte lo merita, invece, il "quarto uomo" in concorso. Parliamo di Ascanio Celestini, regista esordiente ma già affermato scrittore e autore di culto, specie tra i giovani. La sua opera prima, "La Pecora Nera", è un viaggio all'interno dei manicomi e del difficile mondo della pazzia. Film ambizioso, sentito, forse rischioso per un esordiente. Ma conosciamo bene Celestini, è un virtuoso della parola, un artista a tutto tondo, uno spirito libero che ben si adatterà anche al grande schermo. E se anche non ci dovesse riuscire... beh, pazienza. Ma continueremo mille volte a preferire film coraggiosi e sinceri come questi piuttosto che gli scontatissimi, nostalgici e noiosi pastiche sentimental-provinciali "alla Pupi Avati", che tanto si è scandalizzato per l'esclusione dal concorso del suo film a vantaggio, appunto, di Celestini.
Tanta Italia anche fuori concorso, col già discusso "Vallanzasca" di Michele Placido, "Gorbaciof" di Stefano Incerti, "Notizie dagli scavi" di Gabriele Greco, "1960", documentario di Gabriele Salvatores, eccetera eccetera...
Insomma, tanta carne al fuoco. E un invito: venite a Venezia!
Insieme al sottoscritto... perchè no?