martedì 4 febbraio 2025

HERE


titolo originale: HERE (USA, 2024)
regia: ROBERT ZEMECKIS
sceneggiatura: ERIC ROTH, ROBERT ZEMECKIS
cast: TOM HANKS, ROBIN WRIGHT, PAUL BETTANY, KELLY REILLY, GWYLIM LEE, MICHELLE DOCKERY 
durata: 104 minuti
giudizio: 


Dalla preistoria all'Homo Sapiens, agli indigeni, ai Coloni, e poi intere generazioni di famiglie. Le storie di tante vite che scorrono nel tempo, dentro la loro intimità, tutte racchiuse in una sola inquadratura: quella del soggiorno di casa...




Solo onori e lodi per Robert Zemeckis, che a 72 anni suonati continua ad avere la forza e la voglia di mettersi in gioco e sperimentare idee nuove senza (quasi) mai sbagliare un film... perchè è vero che lo spunto di partenza di Here è tratto dalla celebre, omonima graphic-novel di Richard McGuire (del 2014), ma la capacità di trasporla sul grande schermo senza modificarne la filosofia originaria è da attribuire in toto al rubicondo regista di Chicago, che per l'occasione si è comunque affidato alla penna dell'ancora più stagionato Eric Roth, vale a dire il più grande sceneggiatore vivente (insieme, forse, al connazionale Aaron Sorkin). Questo giusto per sottolineare l'alta qualità e l'impegnativo lavoro di base di questo originale lungometraggio girato tutto in camera fissa, con un'unica inquadratura (!) in tutto il film a racchiudere quasi un intero secolo di storia americana, e perfino con rimandi agli albori del pianeta.

Sì, perchè la vera protagonista di Here, per chi non lo sapesse, è una casa. Una dimora antica, o meglio una sola stanza di essa: un soggiorno dominato da una grande vetrata a parete intera che rappresenta il mondo in cui si muovono i tanti personaggi che in quella casa ci hanno vissuto nel corso dei decenni, dai primi anni del secolo scorso fino ai giorni nostri. Da questa unica inquadratura, immutabile nel tempo, si dipana un film concettuale ed estremizzante nello stile, forse anche un filino compiaciuto, ma innegabilmente coinvolgente ed sentimentalmente onesto, capace di farti commuovere in maniera genuina e nient'affatto costruita. E' questa la grande scommessa (vinta) da Zemeckis: arrivare al cuore dello spettatore in modo diretto, spontaneo, attraverso un film che invece, per paradosso, "vive" di formalismo puro. 


I più intransigenti (quelli che hanno letto la graphic-novel originaria) hanno avuto di che lamentarsi per l'eccessiva frammentazione della trama (che non segue la linearità del tempo) e la semplificazione di alcuni personaggi (tipo la coppia di colore, ovvero gli ultimi proprietari di casa), in particolar modo nella parte iniziale, effettivamente molto più sbrigativa e cervellotica. Critiche comprensibili, oggettive, che però non tengono conto di un dettaglio basilare: un film di questo tipo, con una struttura di questo tipo, non poteva trascinarsi per più dei 104 minuti di lunghezza che sono la durata-base per un prodotto del genere. Approfondire ogni sequenza, dare il giusto spazio ad ogni situazione, avrebbe significato allungare i tempi in maniera eccessiva rendendolo ridondante e faticoso per lo spettatore, che alla lunga si sarebbe stancato di questo gioco d'incastri che, come tutti giochi, è bello quanto dura il giusto...

A livello recitativo, Zemeckis opta per una scelta precisa: far interpretare tutto il film dalle stesse coppie di attori, anche se le scene si svolgono in epoche diverse. Gli viene incontro la tecnologia, attraverso il cosiddetto de-aging, ovvero il "ringiovanimento digitale", procedimento computerizzato che trasforma la fisionomia attuale dei protagonisti in quella di tot anni prima. Operazione anche questa non troppo gradita dai puristi ma che qui viene eseguita con uno scopo chiaro: dare continuità e significato al tempo che passa, sulla pelle di ciascuno di noi, per evidenziare ancora di più quanto siamo legati ai nostri ricordi. Inutile dire che a scaldare i cuori del pubblico ci pensano Tom Hanks e Robin Wright, di nuovo insieme trent'anni esatti dopo Forrest Gump (che peraltro viene spesso citato nel film) e pronti a struggersi di nuovo l'uno per l'altra. 

A loro spetta il compito di commuovere ed empatizzare con gli spettatori, e specie nel finale si fa davvero fatica a trattenere le lacrime. Here è un'opera malinconica, dolcissima, tenera, cui la tecnologia funge solo da strumento per imbastire un film a suo modo doloroso, che esalta l'importanza della memoria per raggiungere la serenità, attraverso fotogrammi che restano vividi nella mente. Il messaggio è chiaro: non sono i luoghi a commuoverci ma coloro che li hanno vissuti, magari scrivendovi pure pagine importanti. Una storia dolceamara sullo scorrere del tempo e sul senso dei rimpianti, che magari non farà troppa presa sul pubblico giovane ma che di sicuro piacerà ai boomer come me, che ormai sono ben oltre il guado di metà esistenza...

6 commenti:

  1. Film meraviglia!!! Comunque al nero spetta una delle chicche del film: spostando un mobile con la specchiera, fornisce un'occasione di controcampo davvero geniale!!!

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  2. Mi è piaciuto tanto questo film. Zemeckis e Tom Hanks sono una garanzia. Il film affronta un tema bellissimo e che ci fa paura, lo scorrere del tempo e la nostra " poca significatività".
    Ho pensato all' ulivo di Luras, qui nella mia Sardegna, che ha una datazione di circa 4000 anno.
    E allora mi chiedo, ma o nostri affanno, i nostri problemi che ci sembrano insormontabili, le nostre gioie che sembrano assolute,i nostri amori che ci paiono unici, beh cosa sono? Dei fratelli di sabbia in una clessidra enorme. Zemeckis ce lo ricorda e lo fa in maniera magistrale.
    Non mi ha disturbato affatto il ringiovanimento degli attori( anzi un po' di magone)
    Mi ha fatto riflettere molto questo film , e si, come dici tu Sauro, il giro di boa si fa sentire.

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    1. Assolutamente d'accordo. Anch'io ho provato tanta malinconia e parecchi brividi vedendo questo film, ripensando al passato ma anche al futuro, a quello che sarà quando non ci saremo più o quando non ci saranno più le persone care vicino a noi... hai ragione, di fronte al tempo le nostre vite valgono poco. Per questo bisogna vivere il presente, finchè si può (lo dico soprattutto a me stesso). Del resto lo diceva anche Gassmann in quel capolavoro inimitabile che è "Il Sorpasso": "A' Robbè, lo sai qual è l'età più bella? E' quella che uno c'ha!"
      Un abbraccio grande <3

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  3. Non piangevo al cinema così da tanto tempo. È stato catartico, bellissimo.

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    1. Eh, sì... nel finale è impossibile non abbandonarsi alla commozione. Se uno non piange ha un bidone d'immondizia al posto del cuore (cit.) :)

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