Che, se vogliamo dirla tutta, resta una delle attrici più sottovalutate di Hollywood. Ed è un vero peccato che la sua carriera non sia mai decollata "davvero", quasi che nel patinato mondo hollywoodiano non ci sia troppo spazio per le donne con testa "pensante" e pure belle, ma non della bellezza che va bene per lo star-system. Pazienza.
venerdì 26 marzo 2010
HOLLY HUNTER
Che, se vogliamo dirla tutta, resta una delle attrici più sottovalutate di Hollywood. Ed è un vero peccato che la sua carriera non sia mai decollata "davvero", quasi che nel patinato mondo hollywoodiano non ci sia troppo spazio per le donne con testa "pensante" e pure belle, ma non della bellezza che va bene per lo star-system. Pazienza.
domenica 21 marzo 2010
IL PROFETA (Francia, 2009) di Jacques Audiard
sabato 13 marzo 2010
amori cinefili / JODIE FOSTER
La definizione più bella di lei l'ha data Jon Amiel, il regista di Sommersby: "Se esistesse una perfetta macchina per recitare, questa assomiglierebbe a Jodie", e in effetti in ogni film (bello o brutto che sia) si resta stupiti dalla professionalità, dalla bravura, dalla classe di questa immensa attrice, il primo "amore cinefilo"della mia vita... e pertanto non potevo non aprire questa rubrica con la mia "attrice del cuore", che mi ha accompagnato fino ad oggi regalandomi emozioni uniche, e pagine di celluloide di rara bellezza.
L'abbiamo vista tante volte Jodie, e ci ha sempre fatto palpitare: l'abbiamo vista col terrore negli occhi ne Il silenzio degli innocenti, aggrappata cocciutamente a un sogno impossibile e romantico in Contact, mutilata di capelli, anima e pietà in Sotto Accusa... l'abbiamo vista già a tre anni col culetto nudo e maliziosamente scoperto da un cagnaccio nella pubblicità della Coppertone, e quello stesso culetto (ben più sodo e stretto da striminziti hot-pants) pochi anni dopo in Taxi-Driver, dove aveva stregato perfino il guru Scorsese. E ancora, sorprendentemente e appassionatamente erotica in Ore Contate, filmaccio sconclusionato e "maledetto" di Dennis Hopper, e sporca, imbruttita e selvaggia in Nell, il suo ruolo più estremo. E come non ricordarla, raggiante, spiritosa e stronzetta in Maverick, accanto al gigione Mel Gibson, o ancora "adulta" e glaciale in Inside Man e Panic Room? Film diversissimi tra loro, non tutti memorabili, qualcuno assolutamente brutto, ma tutti tenuti a galla dalle straordinarie performance di questo scricciolo di soli 165 centimetri ma dotato di una tempra d'acciaio.
Jodie Foster è una delle attrici più potenti e stimate di Hollywood, e ormai può permettersi di tutto, perfino di scegliersi i ruoli che vuole (prerogativa riservata a pochissimi eletti, speciamente in campo femminile), i personaggi da lei interpretati hanno tutti un comune denominatore: sono donne coraggiose, indipendenti, risolute e, soprattutto, sole. E la solitudine, come vedremo, sarà una costante della sua vita.
Jodie nasce a Los Angeles nel 1962, figlia di un padre violento e di una madre lesbica e sciroccata: sarà lei che dopo essere stata abbandonata dal coniuge "convincerà" la figlia, a soli tre anni, a girare spot pubblicitari per mandare avanti la baracca. E Jodie comincia così la sua carriera, sbattuta precocemente sopra un palcoscenico dal quale non si staccherà più: reclutata dalla Disney, che ha visto lungo sulle potenzialità della ragazzina, a tredici anni ha già girato 22 film. A quattordici ottiene il ruolo della vita: in Taxi Driver, Scorsese la fa recitare accanto a DeNiro facendole (s)vestire i panni di Easy, la baby-prostituta che batte il quartiere che Travis Bickle ha deciso di ripulire. La produzione, preoccupata, la fa affincare da uno psicologo, ma lei tranquillissima afferma che "so distinguere benissimo la realtà dalla finzione". E' la prima nomination all'Oscar, che la lancia nell'olimpo di Hollywood. Eppure la piccola non si monta la testa: a differenza di tanti altri baby-colleghi, caduti in disgrazia perchè travolti da una notorietà improvvisa e devastante, Jodie si muove nello star-system col piglio di una veterana: comincia ad amministrare i suoi affari da sola, staccandosi dalla mamma-manager scroccona e possessiva e dalle grinfie di un fratello invidioso e mediocre, e diventa una stella di prima grandezza, capace di far perdere la testa a registi e produttori. E non solo: nel 1980 un maniaco paranoico spara al presidente Reagan, motivando l'assurdo gesto come un modo per farsi notare dalla nostra Jodie, della quale è perdutamente innamorato...
"Non ho mai avuto un'infanzia, un compagno di giochi, un fidanzatino... non ho avuto il tempo". E' una frase che la Foster ripete stesso, senza vergogna ma con gli occhi velati di malinconia. Ha avuto una vita senza respiro, problematica, travolgente, faticosa, e lo spettatore più attento non può non coglierne le tracce nei ruoli che interpreta nei suoi film: tutte parti di donne tese, caparbie, nevrotiche e, come dicevamo, drammaticamente sole. Una vita al massimo, come direbbe Vasco, nella quale non si è fatta mancare nulla, trovando il tempo perfino di imparare il francese e l'italiano (proprio così!), nonchè di laurearsi per ben DUE volte a Yale, naturalmente con il massimo dei voti... Fioccano le proposte, i premi, i film importanti: Sotto Accusa, del 1988, le regala il primo Oscar, seguito a ruota dal secondo, nel 1991, con Il silenzio degli innocenti, dove interpreta il personaggio forse più famoso della sua carriera, quello di Clarice Starling, giovane recluta dell'Fbi costretta a scendere a patti col crimanale-cannibale Hannibal Lecter, che le chiederà in cambio i suoi segreti più intimi: è un'interpretazione leggendaria per temperamento, magneticità, attrattiva. Solo Anthony Hopkinns le starà al passo, ma resterà prigioniero del ruolo per tutta la vita. Jodie invece proseguirà ancora, regalandoci altre interpretazioni memorabili (Contact su tutte, film straordinario e sottovalutatissimo) e diventanto addirittura regista, dirigendo due film deliziosi e importanti come Il mio piccolo genio e il "gioiellino" A casa per le vacanze (purtroppo sconosciuto in Italia). All'età di trent'anni Jodie Foster ha già ottenuto tutto ciò che un attore sogna di ricevere in una carriera intera.
DISTRICT 9 (S.Africa, 2009) di Neill Blomkamp
VOTO: * * * *
Gli alieni sbarcano sulla Terra e sono brutti, sporchi, ma non cattivi. E sono pure troppi: più di due milioni. Altro che Independence Day o Mars Attaks! O anche solo E.T. o Incontri ravvicinati... Le “creature” scese su Johannesburg non sono né “invasori” spietati e guerrafondai, né entità superiori e romantiche come quelle spielberghiane: sono solo poveri diavoli spaventati e denutriti, arrivati fin qui con una “carretta” spaziale, che vengono confinati dalle autorità sudafricane in baraccopoli orride e fatiscenti, privati di qualsiasi dignità. Trascorrono il loro tempo elemosinando scatole di cibo per gatti e carne putrefatta, rovistano nell'immondizia, sono ripudiati e derisi dagli esseri umani che li chiamano “gamberoni” e li trattano alla stregua di bestie. Logico quindi che , dopo vent'anni di (non) pacifica convivenza, si verifichino i primi episodi di intolleranza e guerriglia. Ed ecco che il governo decide di provvedere allo sgombero forzato del “ghetto” alieno, trasferendo questi ospiti indesiderati un un immenso CPT lontano dalla città...
Vi dice niente questa storia? Beh, sarebbe un attentato all'intelligenza di chi legge spiegare gli ovvi riferimenti alla realtà quotidiana... Quello che invece mi preme dirvi, eccome, è di non perdervi assolutamente questo bellissimo film di Neill Blomkamp: una goduria per gli occhi e la mente di chi scrive e per tutti gli appassionati di fantascienza. District 9 è un film splendidamente classico, che attinge a piene mani dalla fantascienza “politica” e contestatrice degli anni '50, rispolverando un assioma vecchio quanto il mondo ma che, da sempre, è il punto di forza di tutte le pellicole di “sci-fi”: utilizzare il futuro per parlare del presente, sfruttare l'allegoria per mostrare alla gente le storture della società contemporanea. Un'opera dal respiro antico, dunque, ma straordinariamente attuale e “progressista”, che fa riflettere e discutere, sul “come eravamo” e sul “come siamo diventati”, sul destino di una specie umana costituzionalmente violenta e xenofoba.
La forma è quella del falso-documentario (unica concessione, forse, al cinema di oggi: ormai la moda del “mockumentary” è planetaria): veloce, spiazzante, convulsa, con l'utilizzo (per una volta doveroso e efficace) della camera a spalla e dello stile-reportage tipo CNN che conferiscono al film un aspetto crudo e realistico. Innumerevoli le citazioni cinefile, tutte sincere e circostanziate: da Transformers, a Robocop, a Starship Troopers... fino alla più ovvia e importante, quella de La Mosca, che si esplicita nella figura di Wikus VanDeMerve, un odioso, raccomandato e insignificante burocrate che, incaricato dal governo di dirigere le operazioni di sgombero, viene infettato dal sangue alieno durante una colluttazione. L'inevitabile “mutazione” corporea del malcapitato si accompagnerà a quella spirituale, facendogli prendere coscienza di quello che sta succedendo intorno a lui. Come dire: l'ultima speranza della specie umana è quella di diventare aliena a se stessa.
lunedì 8 marzo 2010
L'OSCAR E' DONNA
domenica 7 marzo 2010
And the Oscar goes to...
Diverso invece il discorso per noi europei, dove il nome Oscar fa ancora gola (e molto) agli esercenti cinematografici, e dove una statuetta in aggiunta al titolo del film può valere (forse) parecchi quattrini in più, magari rilanciando una pellicola passata inosservata qualche mese prima e che, una volta glorificata dall'Academy, può "risorgere" in sala e portare nuovi incassi: si pensi, tanto per fare un esempio, a un film come The Hurt Locker, da noi meteora al botteghino e che ora potrebbe invece beneficiare di un'eventuale vittoria...
Insomma, che ci piaccia o no ignorare la serata di stasera è difficile. E allora tanto vale parlarne, magari per giocare un po' sui pronostici e le curiosità del premio. Vediamo dunque, categoria per categoria, come "potrebbe" andare e quali sarebbero, invece, le intenzioni del sottoscritto se avesse lui (seee... ti piacerebbe!) in mano la possibilità di far vincere i premi.
Sognare, del resto, non costa nulla...
MIGLIOR FILM.
Beh, qui c'è poco da dire. Avatar è il "caso" cinematografico dell'anno, e poco conta se sia stato "montato" ad arte o meno. Lo spettacolare (ma anche banalotto) giocattolone iper-tecnologico firmato James Cameron ha incassato finora qualcosa come due miliardi e mezzo di dollari in tutto il mondo, a fronte dei 500 milioni spesi per realizzarlo (anche questo è un record), e ha sdoganato una tecnologia (il 3D) che ha di fatto riportato la gente nelle sale allontanando la pirateria: a fronte di tutto ciò è davvero molto difficile ipotizzarne la sconfitta... C'è chi sostiene che l'Academy non ami la fantascienza e nemmeno Cameron (inviso e invidiato da molti per la sua megalomania) e potrebbe preferirgli il pamphlet bellico The Hurt Locker, ma onestamente ci credo poco: è vero che il film della Bigelow è molto più amato dalla critica cinematografica, ma non dimentichiamoci, per l'ennesima volta, che l'Oscar è il premio dell'industria (non dei critici): è Hollywood che premia se stessa e non penso che volterà le spalle a Avatar, vorrebbe dire sconfessare minare le proprie fondamenta, e non accadrà.
Praticamente nulle le possibilità degli altri film, a dimostrazione che l'allargamento a dieci nominations è stata soprattutto una boutade televisiva, un espediente per acchiappare l'audience: faccio il tifo per il delizioso Tra le nuvole di Reitman (commedia amara, nostalgica e terribilmente attuale sulla società moderna), o per il gioiellino fantascientifico District 9. Non hanno speranze, ma è già importante che ci siano...
Vincerà: AVATAR
Il mio preferito: TRA LE NUVOLE
MIGLIOR REGIA
Qui il discorso è diverso. La regia è una categoria "strana": sinceramente non ho mai capito bene che differenza ci sia, per l'Academy, tra miglior regia e miglior film, in quanto mi sembrerebbe ovvio che se un film è il più bello dell'anno la stessa cosa debba dirsi anche per il suo regista... e in effetti, guardando l'albo d'oro dei vincitori, vediamo che le due categorie coincidono spesso, diciamo otto volte su dieci. Forse lo sdoppiamento è un escamotage per assegnare un'Oscar anche al produttore, chissà... A ogni modo, come dicevo, quest'anno il discorso è interessante: perchè a contendersi la statuetta ci sono un'uomo e una donna, e si dà il caso che la donna sia nientemeno la ex-moglie dell'uomo... insomma, per James Cameron e Kathryn Bigelow sarà sfida in famiglia, stile Guerra dei Roses, e non è azzardato sostenere che, contrariamente a quanto detto sopra, potrebbe spuntarla proprio la coriacea signora Bigelow, molto più amata a Hollywood dell'ex-marito. Intanto, perchè The Hurt Locker è sicuramente molto più bello di Avatar (nonostante la morale guerrafondaia e trita, per me inaccettabile), e quindi il premio alla Bigelow sarebbe una specie di "risarcimento", e poi perchè in 82 anni mai nessuna donna è riuscita a portarsi a casa la stauetta per la regia... insomma, secondo me ce la può fare. Anche qui, inutile farsi illusioni su un possibile outsider: Tarantino e i suoi Bastardi dovranno solo applaudire, stessa cosa per il bravo Jason Reitman di Tra le Nuvole e Lee Daniels, autore della sorpresa Precious.
Vincerà: KATHRYN BIGELOW
Il mio preferito: JASON REITMAN
Vincerà: BASTARDI SENZA GLORIA
MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Questa è la categoria dove ci sono le cose migliori di questa annata cinematografica, a cominciare dallo script del sorprendente District 9 di Neill Bloomkamp, coraggioso e geniale film di fantascienza sudafricano che sfrutta l'immaginazione per parlare di problemi più che attuali della nostra società: il razzismo, l'apartheid, l'immigrazione, la sovrappopolazione... una bella pagina di cinema. Molto leccato ma tutto sommato ben scritto l'inglese An Education, molto "british" (scusate il gioco di parole) e in questo caso non è una parolaccia. Ci sono poi le sorprese Precious (di cui abbiamo già ampiamente parlato) e lo sconosciuto In the Loop, ancora inedito in Italia. Però questa è la categoria di Tra le nuvole, decisamente il più bel film tra quelli in gara quest'anno, e pieno di candidature senza speranza. Questa è l'unica realisticamente possibile, e nessuno gliela deve togliere, sennò mi arrabbio!
Vincerà: TRA LE NUVOLE
Il mio preferito: TRA LE NUVOLE
MIGLIOR FILM STRANIERO
Anche qui confronto serratissimo, probabilmente all'ultimo voto: si rinnova il duello tra l'austriaco Il nastro bianco di Michael Haneke e il francese Un Prophète, di Jacques Audiard. Finora in tutte le occasioni (Festival di Cannes, Golden Globes, EFA) ha sempre prevalso il primo, ma i 5.800 giurati dell'Academy potrebbero considerare troppo autoriale il film austriaco e "dirottare" le loro preferenze sulla ben più commerciale pellicola francese. Tuttavia, per il sottoscritto, l'opera di Haneke è notevolissima e merita un Oscar sacrosanto. Vedremo.
Vincerà: IL NASTRO BIANCO
Il mio preferito: IL NASTRO BIANCO
LE ALTRE CANDIDATURE
Restano le briciole... dando per scontato che Avatar dovrebbe fare incetta di tutte le candidature tecniche (effetti visivi, sonori, suono, fotografia, scene, musica), a The Hurt Locker potrebbe toccare la statuetta per il miglior montaggio (Tarantino permettendo), mentre appare scontata (e meritata) la vittoria di Up nei cartoni animati. Desta curiosità la candidatura dei nostri Signoretti e Sodano per Il Divo nella categoria del miglior trucco (ma sarà difficile battere Star Trek). Il pronostico per i migliori costumi va a The Young Victoria della pluripremiata Sandy Powell, mentre per la miglior canzone originale il premio non dovrebbe sfuggire alla bella "Take it all", forse l'unico motivo per vedere il deludentissimo Nine.