sabato 16 novembre 2013

L'ULTIMA RUOTA DEL CARRO


(id.)
di Giovanni Veronesi (Italia, 2013)
con Elio Germano, Ricky Memphis, Alessandro Haber, Sergio Rubini, Alessandra Mastronardi
durata: 113 min.


Finisce esattamente come inizia L'ultima ruota del carro, con il suo protagonista a rovistare nell'immondizia, emblema che più chiaro non si può dell'Italia del nostro tempo: dove le persone perbene affogano nella melma mentre gli 'arruffoni', gli 'ammanicati', gli uomini per tutte le stagioni cadono comunque in piedi, magari godendosi i soldi in Cina... Una commedia sorprendente questa di Giovanni Veronesi, e non lo avremmo mai detto dopo i vari 'manuali d'amore' che ci avevano esaurito fino allo sfinimento. A testimonianza, purtroppo, che in questo paese per campare (anche nel cinema) bisogna quasi sempre assecondare la mediocrità, pur avendo le capacità per fare ben di meglio...

La forza del film di Veronesi infatti sta tutta qui: è un film dove si ride parecchio, con gusto, ma sullo sfondo di una realtà amarissima. E' un film che ci ricorda i lavori migliori di Carlo Verdone, quelli malincoMici dei tempi d'oro, e non è certo un caso che L'ultima ruota del carro sia la biografia di un personaggio vero, nella fattispecie l'autista personale del comico romano, una persona assolutamente 'normale' che rappresenta la parte migliore del paese, quella che sgobba duro, che paga le tasse fino all'ultimo centesimo, che tiene agli affetti personali, che ancora considera la moralità un valore. Quella maggioranza silenziosa che non fa notizia, che viene sistematicamente bistrattata dalla classe dirigente e che, malgrado tutto, trova ancora la forza per guardare avanti.

Ernesto Marchetti è una specie di Forrest Gump italiano: è una persona umile, perbene, di un candore tale da rasentare l'ingenuità, e che vede sfilare davanti a sè quasi quarant'anni di storia italiana, che talvolta arriva addirittura a sfiorarlo in prima persona (la scena del ritrovamento del corpo di Aldo Moro sotto al palazzo dove stava lavorando come tappezziere, è drammaticamente vera). Ernesto passa dai turbolenti anni '70 agli sciagurati anni '80 del rampantismo e del craxismo imperante, che poi troverà il suo naturale sfogo nel berlusconismo post-tangentopoli. In questi quarant'anni si arrabatterà come può, cambiando mille lavori e ricorrendo (suo malgrado) anche al malcostume italico, fatto di raccomandazioni, amicizie potenti, attività truffaldine, riuscendo tuttavia a conservare la sua purezza e la sua onestà.

Elio Germano a nostro modesto parere è l'attore italiano più bravo del momento, e la sua trasformazione in questo 'uomo qualunque' tenero e virtuoso è straordinaria. Ma va detto che la forza del film sta anche nei comprimari, a cominciare dal bravissimo Ricky Memphis che interpreta un personaggio fondamentale: è Giacinto, l'amico 'trafficone' di Ernesto che, a differenza sua, non esiterà mai due volte a cogliere al volo ogni opportunità (mai troppo lecita) che il sistema corrotto del paese gli offrirà. Lo vediamo prima trasformarsi in portaborse del politico socialista di turno, poi 'convertirsi' anima e corpo a Berlusconi (come tanti altri ex-psi dell'epoca), poi scappare all'estero con i soldi (sporchi) dopo aver assaggiato la galera e fregandosene beatamente della sua condotta. Altrettanto esemplare, per contrappasso, è la figura del pittore astratto incarnato da Alessandro Haber e dichiaratamente ispirato a Mario Schifano: è un bel ritratto, molto amaro e convincente, di un artista di fama cinicamente rassegnato alla dissoluzione morale del paese.

L'ultima ruota del carro è un film convincente e per nulla banale, innegabilmente politico. Ma non politico nel senso di appartenenza a questo o a quel partito, bensì capace di affondare le unghie e analizzare a modo suo un lungo periodo storico che ci ha portati da Moro a Berlusconi. Lo fa ricorrendo a toni leggeri ma anche documentando momenti drammatici e indimenticabili della storia recente, affidandosi a immagini di repertorio (i mondiali dell'82, le monetine lanciate a Craxi, la nascita delle tv private, la televisione del dolore incarnata da Bruno Vespa, la discesa in campo del Silvio nazionale) e mettendo in scena situazioni tristemente tipiche dei nostri tempi (agghiacciante l'episodio sulla malasanità...). Non saremo sui livelli di Una vita difficile, ma questo film di Veronesi è una delle migliori commedie italiane che ci siano capitate di vedere da diversi anni a questa parte.

14 commenti:

  1. Mi ha colpito molto la tua recensione. Forse dovrei dare a questo film un'opportunità!

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  2. Ti prego non andarlo a vedere, butti soldi e tempo! Film di una banalità e di un buonismo irritante..se questo è affondare le unghie siamo messi male!!! Se narrare il passaggio degli anni e delle epoche significa solo fare cambio parrucca e trucco e inserire ogni tanto un filmatino da scuola elementare di , nell ordine: moro nell'auto, craxi con le monetine, i manifesti di berlusconi...il tutto messo li cosi, senza una coesione di fondo, senza un briciolo di di spessore............x concludere: se ti emozionano le peggiori fiction di raiuno allora ti piacerà..( considera però che rispetto alle fiction di raiuno e molto più lento)

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    1. Non sono assolutamente d'accordo! Chi mi consce sa bene quanto diffidi delle commedie, di quelle italiane in particolare, e di quelle di Veronesi nello specifico... ma questo è un buon film: secondo me la coesione c'è eccome, quanto allo spessore di certo non vuole essere un pamphlet politico sulla degenerazione italiana, ma comunque ti fa riflettere: e non è poco per una pellicola del genere.

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  3. Film furbetto, certo meglio della sequela di manuali.. diciamo pure che senza Germano sarebbe tranquillamente da depositare nella discarica finale... ;)

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    1. A me è piaciuto. Ed è ovvio che Germano è un valore aggiunto: stiamo palando (forse) del migliore attore italiano. Avercene!

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  4. La coesione di fondo c'è, eccome. E' che non tutti l'afferrano. Non puoi dire che sia stato messo lì a caso. Tutto rientra a pieno nel ritratto che Veronesi voleva fare della nostra Italia negli ultimi cinquant'anni. Mi è piaciuto il tuo rimando a Forrest Gump ed è proprio così. Ho visto tanta amarezza e uno sguardo ingenuo nel corpo gracile e negli occhi di Ernesto. Un piccolo eroe moderno che ancora ha voglia di spaccarsi la schiena per lavorare e portare la pagnotta a casa. Un piccolo tentativo, in gran parte riuscito, di riportare il nostro cinema laddove ci aveva lasciato la commedia cosiddetta "all'italiana". E' chiaro che il volontario o no, rimando a Ettore Scola e alla sua Giornata particolare, con quella terrazza e quei due giovani, non si debba prendere come un azzardo a voler "imitare" il maestro. Sarebbe folle, però io apprezzo talvolta queste mosse sentite. Perché non vedo paraculate. Mi è rimasto più di ogni altra cosa l'immagine di questo camioncino che corre e porta cose a destra e a sinistra; e poi quella che secondo me è stata la voce di buona parte degli italiani che a Roma hanno vissuto l'uccisione di Moro, con le parole di Ernesto: Poro Moro. Ingenuo, sentito...

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    1. Grande Vale! Lo sai che mi era proprio sfuggito il riferimento a Scola? Non ci avevo pensato... complimenti! Naturalmente sono d'accordo con te: è un film genuinamente sincero, sentito. Onesto come il suo protagonista. Forse è il primo film di Veronesi che mi piace davvero, evidentemente il passaggio dalla FilmAuro alla Fandango ha significato un salto di qualità anche per lui... la tristezza è scoprire che in Italia anche chi, evidentemente, sa fare i film è costretto dalla produzione ad appiattirsi sulla mediocrità per venire incontro ai gusti del pubblico. Bah!

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  5. E' un viaggio alle origini della decadenza italiana, non tutto funziona ma il risultato finale è più che soddisfacente

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  6. Elio Germano per me è garanzia di qualità: quando c'è lui vado a colpo sicuro. Ho appena visto il film e sono uscito più che soddisfatto, certo qua e là affiora un po' di qualunquismo ma credo sia fisiologico in film del genere. Ma non mi ha affatto deluso.
    Un caro saluto.
    Mauro

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    1. Ciao Mauro, un caro saluto anche a te e grazie per la 'fedeltà' con cui mi segui. Sì, come ho scritto anche più sopra Elio Germano è un valore aggiunto per ogni film, su questo non ci piove. Riguardo al film, io non l'ho trovato qualunquista: diciamo che è un'esemplificazione del nostro mondo (quello italiano, intendo).

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