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| Death Valley, California | 
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Avrebbe dovuto essere un diario di un viaggio desiderato da sempre, ma poi mi sono reso conto che non sono capace di scrivere diari. Non lo facevo nemmeno da piccolo. Poteva venir fuori una sterile raccolta di foto da postare su Facebook, ma che banalità! Però sentivo che qualcosa di questo viaggio dovevo pur scrivere: prima di tutto per me stesso, e anche per le molte persone a cui (non) ho detto la notizia, causa il mio proverbiale carattere da 'orso polare'. Ma cosa scrivere? Difficile, per uno che non riesce a tradurre molto di sè nero su bianco... Ma poi, cavolo! Come ho fatto a non pensarci prima? Di cosa scrivo su questo blog? E qual è il motivo che mi ha portato a prendere sette aerei in meno di due settimane, più di quanti non ne avessi mai presi prima in vita mia?
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| Rapacità (Greed, 1924) | 
Stiamo parlando di Cinema, ovviamente. E quando mi sono ritrovato nella 
Valle della Morte, a 47 gradi all'ombra, nel posto più assurdo, incredibile, selvaggio, innaturale del pianeta, come potevo non pensare al finale di 
Rapacità (
Greed, 1924), con i due potagonisti che lottano come bestie per '
un pugno di dollari', condannati a morte certa? Come poteva venire in mente ad un essere umano di girare un film in un posto simile?  
Von Stroheim fu il primo megalomane dell'immagine in movimento, e se 
Hollywood oggi è quella che è, molto lo deve alla sua 'pazzia'. Ma la vera pazzia, a dire il vero, è proprio quella della 
Natura, che sa regalarci luoghi come la 
Death Valley, assolutamente indescrivibili a chi non se li è mai trovati davanti.
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| Hollywood, Walk of Fame | 
Già, 
Hollywood. La famigerata, odiata, snobbata, vecchia 
Hollywood. Per molti cinefili spocchiosi (mi dispiace dirlo, quasi tutti sinistroidi...) la fucina di tutti i mali della Settima Arte. 
Hollywood è un piccolo quartiere di 
Los Angeles, ci si arriva lasciandosi alle spalle il lusso sfrenato di 
Beverly Hills, percorrendo il 'mitico' 
Sunset Boulevard: attraversato l'incrocio con il viale omonimo, ecco che cominciano a materializzarsi le prime 'stelle' della 
Walk of Fame. Ce ne sono tantissime, impossibile leggerle tutte, ma tutti i nomi incisi lì sopra ti rammentano che ti trovi in un posto che fa della magìa la sua essenza... e quando arrivi davanti al 
Chinese Theatre, o quando entri dentro al foyer del 
Dolby Theatre (sulle cui colonne sono incisi i nomi di tutti i film che hanno vinto l'
Oscar, dal 1927 a oggi), capisci che ti trovi nella Fabbrica dei Sogni. Lo capisci ancora meglio se fai una visita a uno degli Studios più famosi: sono tutti lì: 
Universal, 
Warner, 
Fox, 
MGM, 
Paramount, 
Disney... e tutti hanno un solo scopo, stupire lo spettatore. Riuscendoci senza fatica. Il 
Cinema senza 
Hollywood non è, onestamente, immaginabile.
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| Grand Canyon, Arizona | 
Da 
Hollywood al
 Grand Canyon il passo è tutt'altro che breve. Sono quasi mille chilometri in mezzo al deserto dell'
Arizona, con cui cominci a prendere confidenza con l'Immensità. Ore e ore di viaggio dove ti sembra di stare sempre allo stesso posto, mentre fuori fa un caldo infernale e solo i cactus (i celeberrimi '
saguaro' resi famosi da Jacovitti) ti fanno compagnia. E' il deserto, bellezza. Ma l'Immesità vera è solo quella del canyon, dove ti senti inevitabilmente insignificante, un microbo di fronte a tanta Grandezza. Inutile cercare di fare foto, inutile tentare acrobatiche panoramiche con la cinepresa... nemmeno sorvolandolo con l'aereo (uno scassato biplano che sembrava quello del Barone Rosso) riesci ad abituarti a quella voragine. Il 
Grand Canyon è lì a dirti che la 
Natura è regina, e che le beghe dei piccoli Umani non la sfiorano nemmeno con un dito. Chissà, forse 
Terrence Malick passò di qui prima di girare 
La sottile linea rossa...
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| Monument Valley | 
Dall'
Arizona si sconfina nello 
Utah. Terra dei 
Mormoni, ricca e ingenerosa verso i suoi antichi abitanti. Già, perchè qui siamo nel territorio indiano, solo che ora i 
Navajos vivono in povertà, confinati nelle riserve e ridotti a scroccare mance ai turisti. Sono loro, infatti, che ti accompagnano nella 
Monument Valley, dove una volta erano i Padroni. A ricordarcelo fu per primo, tanti anni fa, un signore burbero e schivo, rugoso e con la benda su un occhio come un Pirata del Deserto. Si chiamava
 John Ford, e a chi gli chiedeva quale fosse il suo lavoro rispondeva semplicemente 
'faccio western'. E ne fece davvero tanti in quel fazzoletto di terra, tanto che oggi la 
Monument Valley è, praticamente, uno dei simboli dell'
America, al pari della 
Statua della Libertà o dell'
Empire State Building. Qui tutto è davvero come uno se l'immagina: una cartolina a cielo aperto, di una bellezza quasi sfrontata, che ti tratterrebbe a vita tra quei monoliti di roccia se il gentile autista navajo non ti dicesse che il sole sta per tramontare, e la visita è finita...
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| La Route 66 nei pressi di Williams, Arizona | 
Gli indiani hanno pure la loro antica capitale, 
Kayenta, oggi piccola cittadina piena di negozietti acchiappa-turisti. Niente di cui valga la pena soffermarsi, meglio proseguire. Una visita ai parchi di 
Zion e 
Bryce Canyon è d'obbligo, specialmente quest'ultimo, con i suoi pinnacoli di roccia che cambiano colore a seconda della luce del sole. Da tempo una sua riproduzione faceva bella mostra nel mio soggiorno, forse era un segno del destino... Si prosegue. Per un attimo i nostri cavalli (purtroppo solo a vapore) percorrono nientemeno che la 'mitica' 
Route 66, la madre di tutte le strade, attraversando motel (che ci ricordano inevitabilmente 
Psycho) e pub affollati di Harleysti nostalgici. Ma non c'è tempo per la nostalgìa: inforchiamo l'
Interstate 15 e siamo pronti per l'ultima mèta: la capitale incontrastata della Perdizione e della Voluttuosità, la Disneyland per adulti, la Città che non dorme mai...
Las Vegas ci appare già dall'inizio come un incredibile scherzo della natura: si materializza dal niente, nel bel mezzo del deserto del 
Nevada, e sembra subito un miraggio: enormi grattacieli e milioni di persone che brulicano impazzite nonostante il caldo soffocante e appiccicoso. E' inutile fare finta di nulla: se è la prima volta che la vedi, non puoi non restarne affascinato. Un po' come 
Lucignolo nel Paese dei Balocchi. Per noi piccoli turisti di provincia, 
Las Vegas ci inebria, ci lascia inizialmente a bocca aperta. Miriadi di luci, colori, zampilli, limousine, donne bellissime, negozi lussuosi, alberghi immensi. Sembra proprio una favola.
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| Las Vegas, Nevada | 
Una favola che dura poco, però. Perchè ti accorgi immediatamente che tutto è finto... Qui in realtà pochi si divertono, perchè se non sei un giocatore a 
Las Vegas ci fai poco. Anzi, quasi nulla. Puoi andare per negozi oppure fare il giro degli alberghi, talmente kitsch da fare ridere, ma non ci metti molto ad annoiarti. A 
Las Vegas fai la fila per tutto: per salire in ascensore, per andare a mangiare, per prendere un taxi, per pagare nei negozi, persino per salire in camera... e se non ti ricordi il numero della camera, è praticamente impossibile ritrovarla: ci sono alberghi con oltre 5.000 stanze! Più 
Via da Las Vegas che 
Ocean's Eleven insomma...
Solo il tempo di volare a 
San Francisco, ammirare il 
Golden Gate, fare le valigie, e si ritorna a casa. Con la testa frastornata, l'organismo scombinato, e negli occhi ancora questa magnifica pellicola che si è sviluppata in questi giorni. L'America è come il bel cinema. L'America 
E' il cinema. Ti fa sognare, e staccarsene è difficile. Si accendono le luci, scorrono i titoli di coda, ma tu sei sempre lì. Senza volertene andare...
Come dentro un film.
 
Mi pare che, a dispetto di tutto e tutti, tu l'abbia raccontato benissimo ;-)
RispondiEliminaUn racconto appassionato e coinvolgente!
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