
titolo originale: CINQUE SECONDI (ITALIA, 2025)
regia: PAOLO VIRZI'
sceneggiatura: FRANCESCO BRUNI, PAOLO VIRZI', CARLO VIRZI'
cast: VALERIO MASTANDREA, VALERIA BRUNI TEDESCHI, GALATEA BELLUGI, ILARIA SPADA, ANNA FERRAIOLI RAVEL
durata: 105 minuti
giudizio: ★★★★☆
Adriano Sereni è un cinquantenne misantropo che vive solitario nelle scuderie di una villa abbandonata. Quando una comunità "abusiva" di giovani idealisti prende possesso del terreno accanto al suo, la sua routine e il suo modo di pensare verranno drasticamente sconvolti, costringendolo a riaffacciarsi alla vita...
A volte bastano cinque secondi per cambiare una vita intera. E su questi cinque secondi Paolo Virzì ci costruisce sopra un film, mettendoci dentro il peso del rimorso, del senso di colpa e di quella "strana" voglia di rinascere che viene solo dopo aver toccato il fondo. Lo dico senza troppi giri di parole: finalmente, dopo secoli (cinematograficamente parlando), il regista livornese è tornato a girare un bel film. Un bellissimo film, che ricorda molto quelli dei suoi inizi per autenticità e sincerità, oltre che per trasporto emotivo. Un film che torna a farti scaldare il cuore, dopo le ultime, aride prove (scusate il gioco di parole) di Siccità e Un altro Ferragosto.
Cinque secondi è una storia semplice e drammatica allo stesso tempo, che comincia dove di solito le altre storie finiscono, ovvero nel momento in cui la vita si ferma e ti chiede il conto di ciò che sei diventato. Adriano Sereni (uno straordinario, commovente Valerio Mastandrea, che recita tutto in sottrazione) è un uomo che aveva tutto: una famiglia, una carriera, una reputazione solida. Tutto viene spazzato via in cinque, interminabili secondi: Un incidente (non vi dico quale, ma dal trailer già si intuisce), una distrazione che azzera ogni cosa e ti costringe a ripartire da zero, a fare i conti con te stesso, con il silenzio e soprattutto con il tempo, che in barba ai luoghi comuni non solo non lenisce le ferite ma ci scava dentro, per renderle ancora più dolorose.
Sereni si auto-reclude in una vecchia stalla presa in affitto, nell'immenso cortile di una villa decadente e pericolante. Siamo in Maremma, in una campagna toscana ben diversa da quella che ci immaginiamo, che non ha niente di romantico o pittoresco. Fuori c'è solo umidità, pioggia, terra bagnata, mura infradiciate. L'uomo si trascina svuotato in giornate tutte uguali, in mezzo al caos e alla sporcizia, senza fare nulla e mangiando scatolette. Almeno fino a quando non incontra (naturalmente suo malgrado) un gruppo di ragazzi che hanno occupato abusivamente il terreno accanto al suo per ridare vita ai vigneti abbandonati. Sono giovani, rumorosi, idealisti: rappresentano la vita che insiste e torna ad affacciarsi, anche quando non la si vuole proprio vedere...
Da questo momento il film diventa non solo una prova di dialogo tra due generazioni, ma anche la cronaca di una lenta risalita. Adriano non diventa un altro uomo, semplicemente smette di fuggire e scopre che il dolore non si può cancellare, ma bisogna avere la forza di affrontarlo. Virzì racconta tutto questo con pudore, senza forzare le emozioni. Si prende il tempo giusto, lascia parlare i silenzi, i piccoli gesti, le pause. Niente colpi di scena, nessuna musica che spiega come ci si deve sentire. Solo il rumore del vento tra i filari, i passi nel fango, una pioggia interminabile che accompagna sempre le sequenze più toccanti (unica, esile concessione alla retorica), e un uomo che lentamente impara a respirare di nuovo. Il titolo, Cinque secondi, diventa così una misura della vita: è l'attimo in cui tutto può succedere, il limite tra la leggerezza e la tragedia, il controllo e la perdita. Ma è anche la distanza che ci separa dagli altri, quella manciata di tempo che impieghiamo per reagire, per capire che non siamo soli.
C'è qualcosa di profondamente umano in questo film: nessuna redenzione spettacolare, nessuna lezione morale. Solo la possibilità, minuscola ma vera, che anche dopo aver sbagliato si possa tornare a vivere. Non sappiamo se la nota vicenda personale del regista (una separazione burrascosa, il difficile rapporto con moglie e figli) abbia ispirato il soggetto (scritto dallo stesso Virzì insieme al fratello Carlo e a Francesco Bruni), ma certamente la storia narrata è, come già detto, una storia comune, che dopotutto può succedere a qualsiasi persona "normale".
Alla fine non ci sono nè applausi, nè lacrime, nè senso di rivalsa. Rimane una sensazione quieta di appagamento, di leggerezza, come dopo una confessione. E ci rendiamo conto che tutti noi potremmo avere quei maledetti cinque secondi nella nostra vita, il momento in cui si smette di andare avanti e tutto si ferma, tutto sembra perduto. Ed è qui che capiamo che Cinque secondi non è un film sul rimorso, ma sul coraggio di restare fermi a guardare il buio finchè non torna la luce. Bentornato, Paolo.




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