sabato 20 settembre 2025

DELUSIONI "VENEZIANE" (E TUTTE ITALIANE, PURTROPPO...) : ELISA /COME TI MUOVI, SBAGLI /UN FILM FATTO PER BENE


I numeri, purtroppo, sono impietosi oltre che indiscutibili. Al momento in cui scrivo i primi tre film italiani usciti dalla Mostra di Venezia stanno ottenendo incassi molto deludenti (è un eufemismo). Elisa di Leonardo di Costanzo è fermo a 450mila euro in dieci giorni di programmazione, il che significa, a spanne, una media di circa 30-40 spettatori a spettacolo. Notte fonda anche per Come ti muovi, sbagli di Gianni Di Gregorio (200mila) e Un film fatto per Bene di Franco Maresco (che addirittura non arriva a 80mila). Già mi pare di sentire i commenti di quelli che "i festival ormai non servono più a lanciare i film..." (discorso vecchio quanto il mondo), ma forse c'è una spiegazione perfino più facile, ovvero che questi film non siano proprio capolavori. Non è per fare polemica e nemmeno peccare di lesa maestà, ma per quanto mi riguarda i tre titoli sopracitati non sono esattamente quello che serve per trascinare la gente in sala. E' una mia opinione, il dibattito è aperto.



ELISA
(di Leonardo Di Costanzo, Italia 2025)

Di Leonardo Di Costanzo avrei voluto scrivere tutto il bene possibile dopo aver visto il precedente Ariaferma, che davvero sfiorava il capolavoro: film tesissimo, cupo, ansiogeno, in cui si tratteneva il respiro in ogni scena. Peccato che in Elisa il miracolo non si ripete: la protagonista, interpretata da Barbara Ronchi, è una donna quarantenne in carcere per l'omicidio della sorella avvenuto dieci anni prima, di cui ha rimosso (forse) ogni ricordo. L'incontro con un criminologo che studia il suo caso (Roschdy Zem) le schiarirà le idee. Come in Ariaferma, anche qui il carcere è un luogo indefinito, quasi surreale (siamo tra la Svizzera, la Francia e l'Italia, in un posto senza nome), solo che stavolta la tensione è totalmente assente e il dialogo continuo, estenuante tra i due personaggi lascia il posto a una pesantezza indicibile. Barbara Ronchi è bravissima a recitare in francese, lingua in cui è girato quasi tutto il film, ma la sua performance si perde completamente in un doppiaggio italiano monocorde che appiattisce tutto. Piccolo e incomprensibile cameo per l'onnipresente Valeria Golino.
giudizio: 



COME TI MUOVI, SBAGLI    
(di Gianni Di Gregorio, Italia 2025)


Uno come Gianni Di Gregorio non può non suscitare simpatia: con quella faccia un po' così, con quelle occhiaie da vita vissuta, con quel carattere bonaccione, malinconico, da tipica maschera romanesca (è un complimento). Quando nel 2009 debuttò alla regia a sessant'anni con il delizioso Pranzo di Ferragosto, che gli valse anche il David di Donatello, gridammo un po' tutti al miracolo per come riuscì con due spiccioli e tanto mestiere a girare un filmetto geniale, tenero, godibilissimo. Da allora Di Gregorio ha diretto altri cinque film, sempre adorabili e leggeri, ma con un solo, imperdonabile difetto: sono tutti, tutti uguali. Ma uguali per davvero: nella trama, nelle circostanze, nella recitazione. E anche Come ti muovi sbagli non fa eccezione... solito clichè: professore pensionato, squattrinato, disilluso, single, abitudinario, cui càpita tra capo e collo un imprevisto che gli cambia la vita, in questo caso il ritorno a casa della figlia (Greta Scarano) causa matrimonio fallito. Per carità, la visione non è impegnativa e la si fa anche volentieri, ma davvero pare di assistere all'ennesima replica di uno spettacolo ormai fin troppo datato.
giudizio: 



UN FILM FATTO PER BENE
(di Franco Maresco, Italia 2025)


So già che molti di voi non saranno d'accordo, e magari avete pure ragione: Franco Maresco è un autore geniale, inclassificabile, e pure ingestibile... un alieno, una mosca bianca nel panorama cinematografico italiano, un mondo che non gli appartiene e che non ama, e di cui certo il regista siciliano non fa mistero: Un film fatto per Bene (la cui "B" maiuscola è un gioco di parole associato a Carmelo Bene, protagonista di un film mai finito la cui lavorazione documentata in immagini serve a Maresco come esempio dello "stato delle cose" del cinema di casa nostra) vorrebbe essere un grido rabbioso di dolore o un beffardo saluto d'addio al mestiere di regista (chissà se lo sarà davvero, mi auguro di no), ma in realtà è la montagna che partorisce il topolino: al netto di qualche scena davvero esilarante (la parodia de Il Settimo Sigillo o le invettive contro il "critico" Francesco Puma), Un film fatto per Bene è, di fatto, un taglia e cuci di sketch dei film precedenti di Maresco, che non "graffia" mai come dovrebbe e che a tratti annoia pure: la critica lo esalta, ma la sensazione è che Maresco sia diventato ormai un totem, un simulacro ad uso e consumo dei recensori con la "R" maiuscola, che lo esaltano per darsi un tono ma che poi, alla prova dei fatti, nemmeno loro vanno a vedere. Sbaglierò...
giudizio: 

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