
titolo originale: BUGONIA (USA, 2025)
regia: YORGOS LANTHIMOS
sceneggiatura: WILL TRACY
cast: EMMA STONE, JESSE PLEMONS, AIDAN DELBIS, ALICIA SILVERSTONE, STAVROS HALKIAS
durata: 120 minuti
giudizio: ★★★☆☆
Due apicoltori sequestrano la CEO di una multinazionale farmaceutica credendola un'aliena e vedendo in lei la causa della morte dei loro alveari. La vicenda, surreale, si trasformerà ben presto in una sfida psicologica tra la vittima e i suoi carnefici.
Questo per dire che anche Bugonia, come Kind of kindness, è un film solo apparentemente "sconvolgente" ma in realtà molto più ordinario di quanto si crede: ciò non vuol dire che sia brutto, anzi, ma ormai l'orrore e l'inquietudine, quelle vere, hanno lasciato il posto all'ironia e a quella solita, simpatica misantropia cui Lanthimos non fa mai mistero di non voler abbandonare.
Bugonia non fa eccezione. E' un film stravagante, surreale, che inquieta (poco), confonde (abbastanza) e fa ridere (parecchio, parlando di humour nero). Tutto parte da un'idea folle, che sembra uscita da una teoria del complotto trovata su un gruppo social di terrapiattisti su Telegram: due apicoltori sciroccati rapiscono la dirigente di una multinazionale farmaceutica convinti che sia un'aliena scesa sulla Terra per distruggere i loro alveari. La rinchiudono nello scantinato di una casa isolata, le radono i capelli a zero e la incatenano a letto, supportati da "prove" scientifiche che reggerebbero a malapena un interrogatorio da osteria, e intanto si convincono sempre più che il loro gesto sia l'unico modo per salvare l'umanità. E' una premessa così assurda che ti fa venire subito voglia di vedere fin dove può spingersi l'assurdo...
Bugonia non fa eccezione. E' un film stravagante, surreale, che inquieta (poco), confonde (abbastanza) e fa ridere (parecchio, parlando di humour nero). Tutto parte da un'idea folle, che sembra uscita da una teoria del complotto trovata su un gruppo social di terrapiattisti su Telegram: due apicoltori sciroccati rapiscono la dirigente di una multinazionale farmaceutica convinti che sia un'aliena scesa sulla Terra per distruggere i loro alveari. La rinchiudono nello scantinato di una casa isolata, le radono i capelli a zero e la incatenano a letto, supportati da "prove" scientifiche che reggerebbero a malapena un interrogatorio da osteria, e intanto si convincono sempre più che il loro gesto sia l'unico modo per salvare l'umanità. E' una premessa così assurda che ti fa venire subito voglia di vedere fin dove può spingersi l'assurdo...
Emma Stone (c'erano dubbi?) è perfetta nel ruolo della manager rapita: ha quell'aria subdola che ti mette più in allarme delle urla, come se nascondesse qualcosa che non sai definire, e ti chiedi in continuazione se sia vittima o carnefice, se sia davvero in pericolo o se stia manipolando i due disperati che l'hanno fatta prigioniera. Jesse Plemons, dal canto suo, interpreta il sequestratore deus ex machina dell'operazione, e lo fa in modo così credibile che quasi ti dimentichi che stia interpretando un pazzo... i momenti tra i due sono la cosa migliore del film, una guerra psicologica senza esclusione di colpi che rende ogni scena amabilmente dissacrante, per quanto abbastanza prevedibile.
Lanthimos gira a fuoco lento. La prima parte del film è compassata, quasi trattenuta, come se volesse farti entrare a tutti i costi nella testa dei personaggi. Poi, una volta che ti sei abituato a quel clima, l'azione accelera bruscamente portando la storia su un terreno più simbolico, allucinato, dove le certezze si sfaldano una dopo l'altra. Non è una progressione lineare, ma è proprio questo lo scopo dell'operazione: farti sentire esattamente quello che provano i personaggi, quella sensazione di essere costantemente sull'orlo di qualcosa che non capisci fino in fondo.
In reatà lo spunto di Bugonia non è un'idea originale, tutt'altro: il film è il remake dichiarato di una pellicola sudcoreana del 2003 (Save the green planet di Jang Joon-hwan), diventata un piccolo cult per il modo in cui mescolava fantascienza, commedia nera e tragedia umana. Lanthimos prende quel materiale e lo reinterpreta con il suo stile più sobrio e controllato, limando gli eccessi (a parte nella scena finale alquanto "telefonata") ma mantenendo il cuore della storia: la linea sottile tra paranoia e realtà e il bisogno profondamente umano di trovare a tutti i costi un nemico che dia un senso alle nostre paure. Il titolo stesso richiama Virgilio e una sua dissertazione sulle api come simbolo del ciclo della vita, metafora di rinascita e caos.
La casa dove si svolge quasi tutta la vicenda diventa così una specie di universo lugubre, un girone dantesco a tutti gli effetti: stretta, silenziosa, isolata, piena di anfratti che la rendono (quasi) la parodia del covo di Buffalo Bill ne Il silenzio degli innocenti. La fotografia e il suono lavorano insieme per creare un'atmosfera sospesa, dove nulla è davvero fermo anche quando sembra non accadere alcunchè. Bugonia è un film tecnicamente perfetto, stilisticamente ineccepibile, ma paga a mio parere un uso del grottesco fin troppo forzato e abbastanza intuibile, che termina in un epilogo catartico decisamente scontato e posticcio, per quanto innegabilmente divertente. E anche terribilmente familiare.
In fondo, Bugonia parla di noi stessi, delle storie che ci raccontiamo per sentirci meno soli, e di come la paura possa trasformarsi in un rifugio pericoloso. Lanthimos non dà risposte, nè cerca moralismi: ti chiede solo di restare un po' in quelle zone grigie, in particolare nel midwest americano (e trumpiano) desolato e retrogrado, dove i personaggi si muovono senza bussola. E se amate i film che vi accompagnano fuori dalla sala con la testa piena di domande, questo è davvero quello che potrebbe fare al caso vostro...


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