Nella Mostra più polemica, politicizzata e "schierata" degli ultimi anni (non è una colpa, intendiamoci), è andata a finire che i verdetti della giuria presieduta da Alexander Payne sono riusciti nell'impresa di scontentare un po' tutti... eppure, lo dico chiaro fin da subito, non riesco davvero a biasimare le scelte di una giurìa che si è ritrovata a dover discutere le proprie scelte con una pistola puntata alla tempia. La pistola, lo sapete tutti, aveva il nome di The Voice of Hind Rajab, il film tunisino-palestinese narrante l'orrendo assassinio di una bambina di Gaza da parte dell'esercito israeliano e che, a furor di popolo, o almeno dalla stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, "doveva" vincere il Leone d'oro d'ufficio, per acclamazione.
Il problema, direi oggettivo, è che la scelta di mettere in Concorso The Voice of Hind Rajab si è rivelata a posteriori scellerata, inopportuna, trattandosi di un film che impedisce a priori qualsiasi valutazione critica, positiva o negativa che sia, e che ti obbliga a schierarti per forza dalla "parte giusta" pena essere tacciati, nella migliore delle ipotesi, di connivenza con la politica sionista. E chi scrive, ci tengo a precisarlo, è tutt'altro che filo-israeliano: semplicemente, ritengo che a mio modesto pare un conflitto che va avanti da quasi ottant'anni meriti un'analisi un po' più approfondita ed esaustiva rispetto a quella che può essere fatta da un singolo film (che non ho visto, per scelta) o sulla base dell'emotività del momento.
A fronte di questa incredibile pressione mediatica, Payne ha compiuto una scelta pilatesca e, dal suo punto di vista, ineccepibile: premiando Father Mother Suster Brother di Jim Jarmusch ha premiato il regista più affine alle sue corde, al suo modo di vedere il cinema, e lo stesso discorso vale per The Smashing Machine di Benny Safdie, anch'esso americano, indie e impegnato quanto basta. E poco importa se il vero film americano da premiare, il bellissimo e duro A house of dynamite di Kathryn Bigelow, sia rimasto a bocca asciutta (ma un film americano, politico, scomodo e per giunta prodotto da Netflix era davvero indigeribile per i tempi che corrono), così come le altre due pellicole più importanti di questa Mostra, il coreano No other choice di Park Chan-wook e soprattutto il magnifico Silent Friend di Ildikò Enyedi (che almeno ha avuto il contentino per la miglior attrice emergente, la svizzera Luna Wedler).Alla fine, insomma, pur scontentando tutti il palmarés di Payne è risultato assolutamente coerente... e dispiace anche che a rimetterci sia stato uno come Jim Jarmusch, autentico genio, che mai prima d'ora era stato insignito di un premio importante e che dopo averlo finalmente vinto rischia di essere oscurato da polemiche che nulla c'entrano con il cinema. Ad ogni modo vi consiglio davvero di andare a vedere, quando uscirà, questo Father Mother Sister Brother, che non è affatto un Jarmusch minore come in troppi si sono affrettati a scrivere. E comunque anche un Jarmush "minore" è sempre "maggiore" di tanta roba che oggi infesta le sale cinematografiche...Unico premio ineccepibile, per me, quello alla brava Valérie Donzelli per la sceneggiatura di À pied d'œuvre, ottimo film sul mondo del lavoro e sulla dignità personale, mentre l'Italia torna a casa con la Coppi Volpi a Toni Servillo per La Grazia di Paolo Sorrentino (era l'unico "alloro" che ancora mancava all'attore napoletano) e il Premio Speciale della Giuria a Gianfranco Rosi per il documentario Sotto le nuvole, mirabile spaccato in bianco e nero di Napoli e dintorni: si vede che è proprio un momento storico speciale per la città partenopea. La Coppa Volpi femminile va invece alla sconosciuta cinese Xin Zhilei, che legittima la sua sontuosa interpretazione nel drammatico (e pesantuccio) The sun rises on us all, anche se per il momento passerà agli onori delle cronache per il suo interminabile discorso di ringraziamento durante la cerimonia di premiazione, in cui ha esordito con un "mi chiamo Xin Zhilei e sono un'attrice cinese..." scatenando le inevitabili ironie dei presenti e degli spettatori.
E proprio sulla cerimonia di premiazione voglio spendere le ultime righe di questo post: senza volerla per forza buttare in politica (e in caciara), è oggettivo che sotto la nuova direzione di Pietrangelo Buttafuoco si sono raggiunte vette di kitsch mai viste prima, dall'esibizione canora di Nino D'Angelo (sic!) alla presenza di Mara Venier in veste di premiatrice (ari-sic!), per non parlare della decisione, per me molto sbagliata, di dividere la cerimonia in due parti relegando su Rai Play i premi mediaticamente minori e mandando invece in diretta televisiva solo quelli più importanti, creando così figli e figliastri. Se questo è il nuovo corso culturale del governo di centro-destra, direi che partiamo proprio con il piede sbagliato...
TUTTI I PREMI DI VENEZIA 82 :
Leone d'oro per il miglior film:
FATHER MOTHER SISTER BROTHER di Jim Jarmusch (USA)
Leone d'argento - Gran Premio della Giuria:
THE VOICE OF HIND RAJAB di Kaouther Ben Hania (Tunisia)
Leone d'argento per la miglior regìa:
THE SMASHING MACHINE di Benny Safdie (USA)
Leone d'argento - Premio speciale della Giuria;
SOTTO LE NUVOLE di Gianfranco Rosi (Italia)
Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile:
TONI SERVILLO per La Grazia di Paolo Sorrentino (Italia)
Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile:
XIN ZHILEI per The sun rises on us all di Cai Shangjun (Cina)
Leone d'argento per la migliore sceneggiatura:
VALÉRIE DONZELLI e GILLES MARCHAND per À pied d'œuvre di Valérie Donzelli (Francia)
Premio Mastroianni per il miglior attore/attrice emergente:
LUNA WEDLER per Silent Friend di Ildikò Enyedi (Germania/Ungheria)
Leone del futuro - Premio opera prima Luigi de Laurentiis:
SHORT SUMMER di Nastia Korjia (Francia/Germania)
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