titolo originale: THE ROOM NEXT DOOR (SPAGNA, 2024)
regia: PEDRO ALMODÓVAR
sceneggiatura: PEDRO ALMODÓVAR
cast: TILDA SWINTON, JULIANNE MOORE, JOHN TURTURRO
durata: 107 minuti
giudizio: ★★★☆☆
Martha e Ingrid, rispettivamente reporter di guerra e scrittrice affermata, sono amiche da una vita anche se la vita le ha allontanate. Ma quando Martha si ammala di cancro chiederà proprio a Ingrid di starle accanto, possibilmente fino all'ultimo giorno...
Arrivato al suo ventiquattresimo film in carriera, il primo in lingua inglese (se si escludono i due corti The Human Voice e Strange way of life), Almodóvar adatta per il grande schermo il romanzo Attraverso la vita di Sigrid Nunez e ci costruisce sopra una sceneggiatura che è piuttosto in linea con la sua filmografia recente: il tema è infatti la malattia, e con essa le occasioni perdute, la paura di morire e di come affrontare la morte: spunti ormai ricorrenti e comprensibili per un uomo di 75 anni con qualche acciacco di salute, ma certo distanti anni luce dalla produzione del miglior Almodóvar, quello irriverente, dissacrante, amabilmente folle degli anni '80 e '90, che sapeva stupire il pubblico con spregiudicata genialità.
Invece, diciamola tutta, La stanza accanto è un racconto intimo, pudico ma anche abbastanza convenzionale, che si regge tutto sulle spalle delle due splendide protagoniste: Tilda Swinton e Julianne Moore affrontano i loro ruoli con una naturalezza impressionante, con inusitata aderenza caratteriale alle figure di due donne profondamente amiche ma separate dalla vita e dalla malattia, e che proprio grazie alla malattia rinsalderanno il loro rapporto, seppur a prezzo della vita... il plot del film lo conoscete tutti: si parla di eutanasia, di diritto alla morte. La stanza accanto non è altro che la camera di Ingrid (Moore), che si trova di fianco a quella di Martha (Swinton), che ha scelto di morire per evitare la sofferenza inutile di un cancro terminale ma non ha il coraggio di farlo senza avere accanto l'amica del cuore. Argomento non proprio nuovo e piuttosto gettonato nel mondo del cinema, anche se va dato atto a Almodóvar di averlo affrontato senza alcuna retorica, semmai, anzi, con rispetto e pure un pizzico di ironia.
Sarebbe sbagliato, tuttavia, descrivere La stanza accanto come un film che parla (solo) di morte: col passare dei minuti la pellicola si allarga fino a toccare aspetti legati anche alla sfera affettiva, dalla possibilità di un nuovo inizio dopo il lutto (si veda il "colpo di scena" finale, alquanto telefonato ma efficace) alla riflessione sulla vacuità dell'amore, identificata dal personaggio di John Turturro, uomo amato da entrambe le due donne ma che nessuna delle due ha saputo stringere a sè. Ed è proprio Turturro a costituire il principale anello debole di una sceneggiatura tutt'altro che perfetta: il suo ruolo è importante ma è il suo personaggio ad essere completamente fuori fuoco, ingabbiato nel ritratto poco credibile di un giornalista progressista e radical-chic che non perde occasione, andando completamente fuori tema, di esternare ogni volta i suoi pistolotti ecologisti sulla salute del Pianeta (e che con il dramma delle sue ex amanti ci stanno come il cavolo a merenda...)
Ad ogni modo, non si può non ammirare ne La stanza accanto la raffinatezza della confezione e la quasi maniacale cura dei particolari, che lo rendono un prodotto di abbacinante bellezza estetica: basti pensare alle continue citazioni visive dei quadri di Hopper unite alla poeticità di certe scene (come la nevicata di petali rosa) senza dimenticare gli omaggi letterari (da Bergman a James Joyce, omaggiato con sequenze che citano espressamente Gente di Dublino). Un film furbo, che non dice niente di nuovo ma lo sa dire molto bene, specialmente nei dialoghi raffinati pronunciati dalle due straordinarie attrici protagoniste. Il film al 90% è fatto da loro, con buona pace del grande Pedro.
Non la penso come te: il personaggio di Turturro, che nel film è stato l'ex amante di entrambe, fa unire ancora di più le due donne invece di separarle, come sarebbe stato più facile. E' un ruolo fondamentale per comprendere meglio il film.
RispondiEliminaSul ruolo non discuto, ma è il modo in cui è stato tratteggiato il personaggio che proprio non mi è piaciuto: perchè infarcire le sue battute con continui panegirici ecologisti che, personalmente, trovo che non c'entrino niente con quello che è il tema del film. Ma magari sono io che non ci arrivo, eh!
EliminaA me è piaciuto e mi ha commosso, ma ammetto che ero emotivamente coinvolto perché è un film che tratta di tematiche che, purtroppo, in passati ho sentito molto vicine. Le due attrici protagoniste stupende. E il finale, lo ammetto, mi ha spiazzato.
RispondiEliminaBuon weekend
Mauro
Ma figurati, Mauro. Ognuno ha il proprio livello di sensibilità, ci mancherebbe. Del resto il fine-vita e la paura delle malattie sono aspetti che toccano tutti prima o poi, ed è quasi impossibile non restarne coinvolti. Eppure a me in questo film è successo: sarà forse colpa di una sceneggiatura non proprio "oliatissima" , ma io non ho versato alcuna lacrima. Non mi ha preso, e aldilà della bravura indiscutibile delle due protagoniste non mi è rimasto dentro molto altro. Non posso farci nulla.
EliminaRicambio l'abbraccio.
Penso che l'Almodovar dei primi tempi sia ormai impossibile da rivedere, non fosse altro che per ragioni oggettive anagrafiche,ciò non toglie che sappia fare ancora ottime cose: per me questo è un buonissimo film e forse il fatto di poter disporre di due interpreti così brave lo ha convinto, per me saggiamente, a "lasciare fare a loro". Io almeno la penso così.
RispondiEliminaMa infatti nessuno dice che è un brutto film, su questo siamo tutti d'accordo. Come sono d'accordo che indubbiamente il buon Pedro abbia "lasciato fare" alle due protagoniste, bravissime. Però, permettimi, il "vero" Almodòvar, quello che, come dici anche te, probabilmente non tornerà più, difficilmente avrebbe "lasciato fare"... ;)
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