Il villaggio di cartone inizia con un vecchio prete, malfermo e spaurito, che viene portato via a forza mentre sta cercando di officiare la Messa: la chiesa infatti è stata sconsacrata, e i facchini smontano e portano via tutte le suppellettili, compreso il grande crocifisso di legno che viene sganciato dal soffitto. L'edificio resta così desolatamente vuoto, buio e triste, occupato solo dal suo unico ospite. Ma lo sarà per poco... perchè durante la notte un gruppo di immigrati clandestini si rifugia all'interno della chiesa e vi si stabilisce, creando una piccola, precaria comunità. Ed ecco, dunque, compiersi il miracolo: quello spazio vuoto di colpo torna a riempirsi di vita, e quelle persone tornano a ridare un senso a quelle pareti, che ora assurgono di nuovo alla loro funzione originaria: l'ospitalità.
Anche l'anziano sacerdote, con le ultime forze che gli rimangono, riacquista una propria personale dignità e anche una nuova ragione di vita, a cui terrà fede fino alla fine, infischiandosene delle assurde e inumane leggi sull'immigrazione, indegne di un paese civile, e dell'ottusità con le quali vengono fatte rispettare (argomento questo trattato anche da Emanuele Crialese in Terraferma, segno evidente che quest'anno alla Mostra le tematiche sull'immigrazione e la tolleranza non erano certo casuali. Per fortuna, verrebbe da dire).
Il villaggio di cartone è una tenerissima favola moderna, narrata sotto forma di parabola cristiana, in un linguaggio volutamente semplice, quasi naif, con parole chiare e dirette allo scopo affinchè tutti capiscano. E' un film, appunto, sulla cristianità, intesa non tanto come appartenenza a una religione, ma nel senso più ampio del termine: vale a dire sul diritto all'accoglienza, alla pietà, al rispetto per chi è meno fortunato. Ed è anche, nemmeno troppo velatamente, un duro attacco alla Chiesa Cattolica e alla suo progressivo e inesorabile scollamento con la realtà, vale a dire con i fedeli, che non vi si riconoscono più. La Chiesa di oggi, dice Olmi, è come quell'edificio vuoto e abbandonato, senza nemmeno il crocifisso: solo tornando a parlare con la gente si riempirà di nuovo, e occorre farlo da subito. Come ha detto lo stesso regista in conferenza stampa, "Se non apriamo le nostre case, compresa la casa più intima, che è il nostro animo, siamo solo uomini di cartone".
Grazie, maestro.
VOTO: ****
questo me lo segno! ho avuto la fortuna di avere come insegnante di regia Mario Brenta (famoso aiuto regista di Olmi) e per forza di cose mi son innamorato del suo stile e del suo particolare modo di dirigere gli attori presi per strada..
RispondiEliminaMi ispira molto questo film!
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