con Ian Charleson, Ben Cross, Ian Holm, Nigel Havers, John Gielgud, Lindsay Anderson
durata: 123 minuti
Lo conosciamo da trent'anni eppure, inesorabilmente, ogni volta che sentiamo suonare il tema di Chariots of Fire la mente ci riporta alle immagini di "quei giovani che vissero con la speranza nei cuori e le ali ai piedi"... la partitura musicale di Vangelis è diventata in breve tempo la colonna sonora più famosa della storia del cinema, e addirittura c'è chi ancora oggi neanche immagina che sia associata a un film, si può dire che ormai vive di vita propria. Eppure Momenti di Gloria è una pellicola che, a suo modo, un posto al sole lo merita, soprattutto per il messaggio che porta: non tanto per lo 'spirito olimpico' (che, come vedremo dopo, in realtà è tutt'altro che esaltato), quanto perchè cerca di trasmettere allo spettatore il concetto che nella vita vale sempre la pena di battersi per un obiettivo, qualcosa per cui varrà la pena essere ricordati, piccola o grande che sia.
I due hanno percorsi di vita molto diversi, ma corrono per lo stesso obiettivo: vincere. Ma se per Liddell, fervente cattolico in procinto di partire missionario per la Cina, la vittoria nelle gare di corsa è un modo per onorare Dio e ringraziarlo di averlo fatto nascere "veloce come il vento", per l' ebreo Abrahams vincere l'oro nei 100 metri significherebbe rifarsi di tutte le discriminazioni e le angherie subite in gioventù a causa della sua fede, peraltro ostentata con orgoglio. I due sono i grandi favoriti (e rivali) per la distanza più breve, ma a pochi giorni dalla partenza per Parigi, Liddell viene a sapere che la finale olimpica è stata spostata alla domenica: per lui è impossibile gareggiare nel giorno dedicato al Signore, ed è irremovibile nella sua decisione, lasciando così la strada spianata a Abrahams, che vincerà a mani basse. Liddell si rifarà pochi giorni dopo vincendo l'oro nei 400 metri, cui parteciperà grazie al 'sacrificio' di un compagno di squadra.
In realtà le cose non andarono esattamente così, la vicenda di Liddell è stata molto romanzata dalla sceneggiatura di Welland: il calendario delle gare era infatti noto da mesi e non ci fu alcun conflitto interiore nell'atleta, che si iscrisse solo nella distanza più lunga. Ma questo non avrebbe ovviamente giovato allo stile della pellicola, volutamente enfatico e pomposo, in linea con gli obiettivi 'alti e nobili' del committente (il Ministero della Cultura britannico). Molti detrattori hanno criticato il film proprio per questa "altezzosità" tipicamente inglese, stigmatizzando l'uso ripetuto e a loro dire abusato dei ralenti e della profondità di campo e, appunto, per aver distorto eccessivamente il racconto degli eventi a fini esclusivamente commerciali.
Girato con mano sapiente, estremamente curato nei particolari, il film di Hudson contiene sequenze che sono entrate nella memoria collettiva: i titoli di testa con gli atleti che corrono sulla spiaggia, la sfida nel cortile del college scandita dai rintocchi dell'orologio, la finale interminabile dei cento metri, interrotta mille volte dal montaggio, a testimoniare la tensione e la sofferenza dell'atleta, la gioia dell'allenatore di Abrahams che apprende la notizia della vittoria ascoltando le note dell'inno nazionale...
Abile nel conciliare momenti epici (le gare) con aspetti intimi e privati degli atleti, Momenti di Gloria è ancora a tutt'oggi il più bel film sportivo mai realizzato, unico nel suo genere a riuscire a trasmettere allo spettatore le emozioni, le sofferenze e più che altro le rinunce di chi dedica tutto se stesso al coronamento di un sogno. Il titolo originale è tratto da una poesia di William Blake ma, per una volta, lasciatemelo dire, quello italiano è infinitamente più bello.
Bring me my bow of burning gold
Bring me my arrows of desire!
Bring me my spear! Oh, clouds unfold!
Bring me my chariot of fire.
(W. Blake)
Concordo. Gran bel film. E non solo per la colonna sonora.
RispondiEliminaConcordo anche sulla tua osservazione che nei pomposi "ideali" olimpici c'era tanta ipocrisia
Concludo con un'osservazione su Liddell: non era cattolico (a nessun cattolico gareggiare di domenica crea problemi) ma presbiteriano.
Grazie per il commento e per la precisazione su Liddell: ammetto di non essere esperto in materia...
EliminaInteressante rievocazione "olimpica" dopo il post di qualche giorno fa.
RispondiEliminaSempre ottimo. :)
Grazie mille, Ford!
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