Si diceva che con l'autunno, la fine delle ferie e la brutta stagione la gente sarebbe tornata a frequentare i cinema. I dati del botteghino purtroppo mostrano esattamente il contrario, e le cifre sono impietose: rispetto al mese di novembre dell'anno scorso si sono persi più di tre milioni di spettatori, vale a dire il 37% in meno su base nazionale. Le situazione è seria, ma quello che preoccupa di più è che della cosa non sembra interessare a nessuno, primo fra tutti il Governo che ha pensato bene, seppur con varie giravolte, di abbassare ulteriormente i fondi destinati all'audiovisivo nel prossimo biennio. Logica vuole che a rimetterci saranno soprattutto le sale cinematografiche, in particolar modo quelle di provincia, che hanno sempre più difficoltà a intercettare un pubblico sempre più "distratto" dallo streaming...
Intendiamoci, non ho mai pensato alle piattaforme come il "male assoluto", anzi. Ben vengano se grazie ad esse abbiamo la possibilità di vedere film che probabilmente non arriverebbero mai in sala, se non nelle grandi città. Il problema sta nelle "finestre" di uscita dei film, che ormai migrano su piattaforma con un lasso di tempo sempre più breve rispetto all'uscita in sala: pensate solo a titoli come
Una battaglia dopo l'altra o
After the hunt, usciti al cinema poco più di un mese fa e già disponibili per la visione casalinga. E' un gatto che si morde la coda: i distributori anticipano le uscite in piattaforma perchè sostengono che la gente non va più al cinema, gli esercenti ribattono che la gente non va più al cinema perchè aspettando solo poche settimane possono goderselo tranquillamente dal divano di casa.
E qui veniamo al punto, ossia che il problema è essenzialmente culturale. Il pubblico italiano è sempre meno invogliato a frequentare le sale perchè da anni, diciamo pure da decenni, nessun governo ha mai investito sulla cultura, menchè meno su quella cinematografica. Lo spettatore medio italico non è mai stato educato alla fruizione dei film, nessuno gli ha mai parlato del cinema come esperienza, condivisione, "rito" collettivo. Per la stragrande maggioranza del pubblico italiano un film lo si può tranquillamente vedere a casa propria, sullo schermo da 70 pollici della propria tv o sul monitor di un computer, magari a spezzoni con una visione distratta da mille cose. Questa condizione rispecchia perfettamente il livello culturale di un paese vecchio, retrogrado, conservatore, ormai anestetizzato a tutto, nel cinema come nella politica.
Anche perchè, ed è questa l'unica vera sorpresa e l'unico filo di speranza per l'attuale situazione, tra i pochi che ancora frequentano la sala cinematografica ci sono soprattutto i giovani, ovvero coloro che, paradossalmente, avrebbero mille modi diversi per vedere un film. E invece i ragazzi, clamorosamente, sono ancora attratti dalla sala, proprio perchè percipiscono meglio a livello culturale l'importanza di vedere un film al cinema. Ad aver abbandonato le sale è invece il pubblico di mezza età, quello degli ultracinquantenni, sempre più pigri e restii ad uscire di casa, cambiarsi, prendere la macchina, cercare parcheggio, pagare un biglietto... per non parlare degli anziani, ormai rassegnati a stare in casa anche a causa della desertificazione delle sale d'essai, quelle più frequentate da loro e che purtroppo sono le più esposte alla crisi.
Naturalmente queste sono solo alcune ragioni, diciamo le principali, per spiegare un problema assai complesso. A cui poi se ne aggiungono altre, nemmeno tanto incidentali, come la mancanza in questo autunno di titoli davvero importanti e di richiamo per le masse. E infatti tutto il "sistema" aspetta a gloria titoli come
Zootropolis 2 (che uscirà la settimana prossima),
Avatar e
Checco Zalone, che arriveranno più avanti e di sicuro sovvertiranno le classifiche e daranno ossigeno a tutto il comparto. Ma non saranno certo 2-3 film, per quanto
blockbuster, a salvare una stagione e una tendenza che pare poco reversibile. Uno
Zalone non fa primavera, purtroppo.