martedì 30 aprile 2024

CIVIL WAR



titolo originale: CIVIL WAR (GB, 2024)
regia: ALEX GARLAND
sceneggiatura: ALEX GARLAND
cast: KIRSTEN DUNST, CAILEE SPAENY, WAGNER MOURA, STEPHEN McKINLEY HENDERSON, JESSE PLEMONS, NICK OFFERMAN
durata: 109 minuti
giudizio: 


In un futuro distopico, ciò che rimane degli Stati Uniti d'America (che uniti non lo sono più) è nelle mani di fazioni armate che si contendono il controllo del territorio. In questa feroce guerra civile, un quartetto di fotoreporter composto dalla coraggiosa Lee, dallo spregiudicato Joel, dal veterano Sammy e dalla giovanissima Jessie cerca di raggiungere Washington per intervistare il Presidente in carica, barricatosi all'interno della Casa Bianca... 




Non è certo la prima volta che il cinema racconta storie di reporter di guerra (pensiamo a Salvador di Oliver Stone, il più famoso) così come, purtroppo, la realtà del reporter di guerra è sempre molto più dura e spesso tragica della fantasia (pensiamo alla nostra Ilaria Alpi e al suo collega Milan Hrovatin, uccisi in Somalia giusto trent'anni fa). Non bisogna però cadere nell'equivoco: Civil War, il nuovo, cupissimo film di Alex Garland non è un film di genere e nemmeno l'ennesima spettacolarizzazione della guerra. Il viaggio dei quattro giornalisti "d'assalto" decisi ad arrivare a Washington per intervistare un Presidente fanatico asserragliato dentro la Casa Bianca e deciso a non lasciare il Potere a nessun costo è piuttosto il fine per una dura riflessione sull'assuefazione al conflitto, sull'insensatezza delle armi che si sostituiscono alla politica (fallimentare) dei governanti, e soprattutto sulle responsabilità dei governanti stessi...

Un film, dunque, clamorosamente e innegabilmente politico: Civil War è stato ideato e realizzato ben prima dei noti fatti di Capitol Hill del 2021 (l'assalto al Campidoglio da parte dei sostenitori di Donald Trump) ma è impossibile non prendere a riferimento quello che è successo in tale occasione e immaginarne le estreme conseguenze in caso di mancata risoluzione del blitz. Proprio nell'anno delle elezioni americane, un film inglese costruisce una minacciosa allegoria sul fallimento della democrazia prendendo ad emblema quella che si auto-definisce "la più forte democrazia del mondo", per raccontarci uno scenario distopico ma tutt'altro che improbabile in tempi di grande inquietudine a livello mondiale. Aldilà degli "interpreti", è bene chiarirlo.

Non a caso il film di Garland non spiega niente, non riporta nessun antefatto. Non è importante il come ci si è trovati nel mezzo di una guerra civile ma il perchè essa è deflagrata, con ovvi rimandi alle mire autoritaristiche di chi si atteggia da sempre a protettore del mondo ma tradisce invece istinti "colonizzatori" e di presunta superiorità intellettuale. Il canovaccio di Civil War è lineare, disarmante nella sua essenzialità: c'è un Presidente (americano) che governa da tre mandati, ha avocato a sè tutti i poteri e vuole sciogliere l'FBI per farne una milizia personale. Non controlla più il Paese, che gli si è rivoltato contro, ma lancia farneticanti proclami di vittoria mentre le forze ribelli sono ormai a poche miglia di Washington (solo io ci vedo un riferimento a La caduta - gli ultimi giorni di Hitler?), strette in una strana alleanza tra Texas e California (due Stati ideologicamente opposti, uno repubblicano l'altro democratico, quasi a voler prendere le distanze dal presente ed evitare polemiche "elettorali")

Civil War
comincia con una spettacolare sparatoria in media-res tra le strade di una New York blindata, in mezzo a barricate e carri armati, tra la gente che sfolla e fazioni armate che si sparano addosso a vicenda. In questo inferno la reporter veterana Lee Miller (un'intensissima Kirsten Dunst) si sforza di apparire distaccata e ligia al proprio mestiere, senza parteggiare per gli uni o per gli altri e senza mostrare emozione o disgusto per quello che accade intorno a lei... ed è proprio questo lo scopo del film: rappresentare l'anestetizzazione all'orrore, l'indifferenza alla violenza, alla guerra, mostrare il voyuerismo malato di chi brama nel vedere la morte in diretta, come in un videogioco, senza provare sconvolgimento o vergogna. Civil War non è un film sul giornalismo ma sull'egoismo di chi non ha più valori nella vita se non quelli strettamente personali e non vede oltre il palmo del proprio naso. E' una metafora evidente di come le disuguaglianze e le discriminazioni (anche in una grande nazione come gli Stati Uniti) possono amplificare l'odio sociale fino all'esasperazione.

Non solo: Garland ci mostra anche il lato più orrorifico della guerra, ovvero come ci si può abituare ad essa pur facendone parte in prima persona. La pivellina Jessie (che brava Cailee Spaeny!), una giovane reporter idealista e intraprendente, con macchina fotografica al collo e cresciuta nel mito della stessa Lee, dapprima rimane sconvolta da quello che vede e che nemmeno lontanamente avrebbe mai immaginato di vedere (e il film non ci risparmia nulla: torture, esecuzioni sommarie, fosse comuni, guerriglieri fanatici e razzisti - terribile il cameo di Jesse Plemons), poi man mano che la marcia di avvicinamento a Washington prosegue si lascia catturare dall'adrenalinica disumanità del contesto fino a non farsi alcuno scrupolo pur di scattare la "foto perfetta", anche a rischio della sua stessa vita e delle persone che le stanno accanto. E' diventata anche lei parte integrante della follia collettiva degli uomini, abituandosi ed esaltandosi all' Apocalisse che le gravita intorno (uso la parola Apocalisse non a caso: i bagliori sinistri delle bombe su Washington, visti da lontano, formano dei bellissimi arabeschi in cielo che ricordano - credo non a caso - la lugubre potenza della Cavalcata delle Valchirie suonata a palla in Apocalypse Now, ovvero la rappresentazione fascinosa del Male).

E' un film impressionante Civil War, nel senso letterale del termine: ci fanno impressione le immagini di città americane distrutte, di cimiteri di auto lungo le strade, di pompe di benzina abbandonate, di negozi depredati e presidiati dai cecchini. Ci fanno impressione non perchè siano immagini nuove, ma perchè non siamo abituati, noi spettatori occidentali, a vedere quelle immagini relative alle nostre città, nella nostra comoda parte del mondo. La guerra, diceva Ermanno Olmi, è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai: e la possibilità che tocchi anche noi è tutt'altro che remota, in questo presente turbolento e impazzito... molti critici hanno accusato Civil War di essere stereotipato, di mostrarci tutti i possibili clichè sulla guerra. Vero, ma mi pare evidente che questa scontatezza sia voluta: tutto film, nel suo complesso, è un'emblematica rappresentazione della disumanizzazione dell'essere umano di fronte al suo egoismo e alla sua cecità. E quelle scene sono stereotipate proprio perchè rappresentano tutte le guerre: speriamo solo che non siamo troppo profetiche...

16 commenti:

  1. Film angosciante, per tutto quello che dice ma anche per ciò che lascia sotteso. Da vedere, assolutamente.

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    1. Condivido. Una delle tante, incredibilmente tante visioni da non perdere di questa stagione 👍

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  2. Sinceramente l'ho trovato abbastanza fuorviante e superficiale: non ci viene spiegato come si è arrivati alla guerra e le possibili conseguenze. Visto così è un Road movie ben fatto ma niente più, assomiglia più a un videogame che a un film. La scena finale poi è quanto più prevedibile possibile. Brave solo le due attrici.
    M.

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    1. Il fatto che non dia spiegazioni è chiaramente voluto: come ho scritto sopra non conta il COME la guerra è scoppiata ma il PERCHÉ siamo arrivati a tanto. La risposta è evidente: per l'assurda sete di potere che è insita negli uomini e che può portare e estreme conseguenze. Il film ci mostra quanto anche una democrazia -apparentemente - inattaccabile può implodere sotto spinte egoistiche, ma soprattutto ci vengono mostrate le conseguenze di una guerra e l'indifferenza di chi guarda, ormai anestetizzato a tutto...

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  3. ottimo film, concordo

    anche senza tornare indietro a Hitler (tutto vero) non succede lo stesso con l'Ucraina? la vittoria è vicina, fatevi ammazzare (direbbe Callaghan), dobbiamo uccidere tutti i russi, che sono tutti cattivi, si sa, mica buoni e giusti come gli Usa - firmato Biden e Stoltenberg

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  4. Si vuole condannare la spettacolarizzazione della violenza, della distruzione, del disastro.. ma lo si fa con un film che - guarda un po' - esalta la violenza, la distruzione, il disastro.. bah!..

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    1. Il film MOSTRA la violenza, la distruzione, il disastro, non mi pare che esalti o enfatizzi. Certo, ci sono scene forti e anche stereotipate, ma tutto è finalizzato al "burnout" che queste immagini dovrebbero provocare nello spettatore. Si parla di una vera e propria "pornografia della guerra che è cosa ben diversa dall' esaktazione

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    2. Un eventuale burnout significherebbe che le sale con questi film rimarrebbero deserte. Pensa come sarebbero contenti i produttori. La verità è che alla gente piace sta roba, ci gode praticamente, come con gli horror e gli splatter che furoreggiano dappertutto ormai. Altro che burnout..

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    3. intendevo un burnout di immagini violente, provocato dal film, che metta di fronte lo spettatore alle conseguenze della guerra. Ripeto, a me il film pare tutt'altro che esaltatorio ma ognuno (giustamente) la vede a modo suo...

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  5. Ho letto con un occhio solo che voglio vederlo, ne ho già sentito parlare troppo bene da troppe parti per ignorarlo! :--)

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    1. È un film che non lascia indifferenti e credo meriti a prescindere la visione, aldilà di quello che puole essere il giudizio personale. Magari quando lo avrai visto fammi sapere che ne pensi: mi farebbe piacere 😊

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  6. Dopo Men un altro metaforone stavolta ancora più ambizioso. Però qui a livello di stereotipi siamo oltre il livello di guardia per quanto mi riguarda. Tanto fumo e pochissimo arrosto. Ma capisco che faccia parecchio effetto vedere la Casa Bianca bombardata, e magari va bene cos', eh!

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    1. Riguardo gli stereotipi vedi le risposte sopra: credo siano assolutamente voluti e ho ho spiegato perché. Sul fatto che Garland lavori sulle metafore è assolutamente vero! Però anche qui la penso in maniera opposta: ho trovato esagerate quelle di "Men" mentre in questo caso mi paiono coerenti allo scopo del film

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  7. Solo un'esibizione muscolare di paccottiglia americana.

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    1. A parte che è un film britannico... 😉 ma "paccottiglia" mi pare un termine francamente sbagliato: potrà non piacere dal punto di vista contenutistico ma la confezione è impeccabile!

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